Il mondo della Triulza ha la sua Porta

I fratelli Boffelli sono gli ultimi eredi dell’antica corte codognese

Finalmente, verrebbe da dire: dopo giorni di nebbia fittissima, risplende il sole sulla campagna lodigiana. La frazione Triulza di Codogno s’illumina di accesi colori: risplendono i rossi coppi dei fienili e delle stalle, riluce la facciata gialla della chiesa parrocchiale intitolata a Maria Assunta in cielo, prima che nei tempi più lontani fosse un Oratorio dedicato a san Bernardo di Chiaravalle e le cui origini risalgono al Seicento, mentre - nei campi circostanti - si scioglie in languidi cristalli la rugiada dell’alba appena trascorsa. Immagini simili sottintendono che la frazione Triulzia mantiene, malgrado le tante ferite che presenta in cascinali crollati e luoghi in abbandono, la sua dignità. Nel XIX secolo vi risiedevano 700 abitanti e per alcuni secoli si mantenne vivo il ricordo di suor Antonia Belloni, monaca dell’Ordine di Santa Chiara di Codogno, che qui era nata nel 1635 ed era stata canonizzata nel 1751.

una lunga storia

Generalmente le frazioni sono intese come luoghi minuscoli, ma i campi della Triulza confinano con Casalpusterlengo, Somaglia, Fombio, oltre ovviamente essere nel cuore di Codogno. Qui nel recente passato vi erano ancora quattro aziende agricole di buone dimensioni. La vita sociale ruotava attorno alle osterie, di cui oggi ne è rimasta soltanto una.

Sono ospite dei fratelli Domenico e Filippo Boffelli. La loro famiglia è la storica affittuaria della cascina Porta, il cui toponimo ben simboleggia l’ingresso alla frazione Triulza. Il primo nucleo della corte dovrebbe risalire alla fine del Cinquecento e la memoria che se ne conserva allude al fatto che qui doveva esservi un caseificio per la lavorazione del latte. Le parti più antiche della possessione, proprietà del Pio Albergo Trivulzio, risalgono invece ad una ristrutturazione del 1794: ne era testimonianza un dipinto posto, per l’occasione, sulla facciata della vecchia casa padronale.

I fratelli Boffelli sono accoglienti e simpaticissimi: Domenico ha una voluminosa cascata di capelli in testa, che una volta erano biondi, assicura lui, ed è stato, da queste parti, un buon giocatore di rugby, conservandone la stazza leggermente ingrassata di atleta; Filippo è un personaggio ricco d’allegria e di battute umoristiche, con una grande passione per la musica di Van de Sfroos.

dai monti alla pianura

I Boffelli sono originari della Val Brembana: gli avi vivevano in una frazione, Cespedosio, del comune di Camerata Cornello. Questo luogo, delizioso, sulle montagne orobiche, oggi è pressocché disabitato, e si popola soltanto nei mesi estivi. Anche gli avi Boffelli andavano e venivano. La loro non era proprio un’attività di malghesi, ma vi rassomigliava. Erano numerosi fratelli: coltivavano la terra ed avevano una mezza dozzina di bovine. Alla fine del primo conflitto mondiale, alcuni di loro decisero di lasciare definitivamente i monti e di scendere a valle: chi si spostò per primo fu Domenico Boffelli, che era nato nel 1886, e che venne affittuario, qui nel Lodigiano, alla cascina Schiapetta Terza, sulla strada tra Codogno e Castiglione d’Adda; anche un altro fratello, Pietro, scelse il Lodigiano, recandosi a Lodi Vecchio.

L’agricoltura lodigiana era ovviamente assai differente da quella delle montagne: qui occorreva immediata disponibilità di capitali e la possibilità di mettere, soprattutto agli inizi, costantemente mano al portafoglio. Un ruolo fondamentale, allora, ebbe una sorella dei Boffelli: Carmela.

Ella era sposata con un impiegato dello Stato; il marito aveva il compito di regolare le chiuse dei fiumi e per questo suo impiego aveva girato molte città dell’Italia settentrionale; la coppia era molto parca nelle spese e Carmela, quando i fratelli vollero avviare autonomamente le proprie aziende agricole, non mancò di aiutarli, incoraggiarli e sostenerli anche finanziariamente. Si trattava di una famiglia molto unita, e quando Carmela divenne anziana, vedova e non più autosufficiente, Domenico se ne fece amorevolmente carico.

A Codogno, Domenico Boffelli, oltre che con la moglie, Giovanna Belotti, era giunto insieme ad un cognato, Bortolo, con il quale a lungo condivise gli affari. Essi, infatti, rimasero insieme sino al 1936; poi Domenico si spostò per una dozzina d’anni in Brianza.

una prole numerosa

Domenico e sua moglie Giovanna avevano avuto otto figli: Giovanni, Giuseppe detto Pino, Carlo, Carmela, Caterina, Giuditta, Angela e Simone. Alcuni ebbero vissuti particolari. Ad esempio, Giovanni era andato in seminario ed era divenuto prete: egli mantenne l’abito per quarant’anni. Era stato assegnato ad una parrocchia di Spino d’Adda, e viveva in comunità con don Sante Tosi, poi parroco di Dovera, e con monsignor Quaini. Le cronache raccontano che un giorno transitasse dalla parrocchia una truppa di soldati tedeschi in ritirata: alcuni cecchini spararono uccidendo alcuni militari. I tedeschi ritennero che il fuoco nemico giungesse dalla canonica e vi si precipitarono; non trovarono nessuno: gli stessi preti si erano nascosti sotto al palco del teatro parrocchiale. I militari gettarono tutto per aria, spararono raffiche di mitra all’impazzata e don Giovanni Boffelli pensò che li avrebbero scovati e sterminati: giurò, allora, che se l’avesse scampata, avrebbe chiesto di andare in missione in Africa. Il vescovo, invece, pur volendolo accontentare, lo mandò come assistente spirituale dei cattolici in Venezuela. E fu qui, che molti anni dopo, Papa Paolo VI gli impose la sospensione a divinis, e la riduzione allo stato laicale.

Un’altra scelta religiosa in famiglia la compì Caterina, che aderì alla Congregazione Paolina, fondata da don Giacomo Alberione. La ragazza assunse per nome quello di suor Docilia: ella si occupava di monache e sacerdoti ammalati, che erano ospitati nella casa di cura “Regina apostolorum” di Albano Laziale. In questa struttura don Alberione voleva realizzare una scuola infermieristica, ma non fece in tempo e tutte le religiose cominciarono ad occuparsi di stampa cattolica; allora, le consacrate che sino ad allora si erano interessate dell’assistenza agli infermi passarono all’Ordine delle Ancelle della Visitazione, il cui nucleo originario si costituì ad Assisi e la cui casa madre è oggi a Santa Marinella, in provincia di Roma, e dove suor Docilia rimase sino alla sua morte, avvenuta un paio d’anni fa. La religiosa fu un personaggio straordinario: era addetta alla guida delle ambulanze, e conosceva le strade di Roma con una perfezione assoluta.

Ma i Boffelli diedero alla Chiesa un’altra figlia: Angela. Ella, giunta all’età di 40 anni, aderì ad un istituto diocesano di Brescia, denominato Le Ancelle della Chiesa. Anche questa congregazione è indirizzata all’ospitalità di preti anziani ed ammalati. L’esperienza di queste consacrate, la cui casa generalizia è a Palazzolo sull’Oglio, è singolare: esse lavorano normalmente, percepiscono dunque un reddito, che poi condividono per le esigenze della comunità religiosa. Il sabato e nei giorni festivi, invece, l’impegno è rivolto alla catechesi ed alle altre attività parrocchiali.

Un’altra figlia, invece, Carmela, espatriò in Venezuela, andando a lavorare come perpetua del fratello Giovanni; poi, quando egli si spretò, Carmela tornò in Italia, si diplomò assistente sociale, e divenne direttrice dell’Istituto “Don Gnocchi Santa Maria al Castello” a Pessano con Bornago.

Un altro fratello, Carletto, andò pure in Venezuela, dove fece l’agricoltore; ancora oggi quel ramo dei Boffelli vive lì, ed uno dei discendenti prosegue nella tradizione di famiglia: un agricoltore di origini lodigiane in terra venezuelana. Insomma, ciascuno a casa Boffelli seguì il percorso della propria vita.

un’offerta generosa

Papà Domenico, ad un certo punto, che avevamo lasciato in Brianza, ebbe nostalgia del Lodigiano e, poiché l’Albergo Pio Trivulzio metteva all’asta l’affittanza della cascina Porta, presentò una propria proposta. Egli, però, sbagliò i conti: in Brianza il valore delle pertiche era superiore a quello del Lodigiano, ma egli valutò come simili i parametri, e la sua offerta, fortemente a rialzo, sbaragliò qualunque altro concorrente.

Nell’impegno agricolo Domenico fu coadiuvato dai figli Giuseppe e Simone. Per quanto fossero ragazzi in gamba, furono sempre seguiti dal genitore, che non intendeva assolutamente privarsi dello scettro del comando. Il signor Domenico era un uomo all’antica, religiosissimo e preoccupato dell’ammodernamento dei tempi: un volta, già anziano, vide che i suoi figli avevano comperato un’attrezzatura meccanica e montò su tutto le furie perché quello che contava, per lui, era il solo lavoro delle braccia.

Toccò dunque a Giuseppe e Simone gestire il cambiamento e, gradualmente, rendere competitiva l’azienda; tra i due c’erano undici anni di differenza, e fu il primo ad assumere inizialmente il ruolo di guida. Ma Simone, oltre ad essere un punto di riferimento per la frazione Triulza, era un ottimo gestore della stalla; Giuseppe preferiva dedicarsi ai campi ed era un cultore delle marcite: anzi, visitarle, studiarle, erano atteggiamenti per lui che scaturivano da grande passione.

I Boffelli furono fra i primi, nella zona, a costruire la stalla all’aperto, e già nel 1969 adottarono la trinciatura del mais, tecnica poi scelta da tanti altri agricoltori.

l’ultima generazione

Scomparso Giuseppe, a condurre l’azienda oggi vi sono i suoi due figli maschi, appunto Domenico e Filippo, testimoni di questa storia insieme alla sorella Enrica, esperta di orticoltura, ed il loro zio Simone.

Negli anni, l’azienda ha modificato le proprie scelte: ancora oggi vi sono le bovine, più di duecento, tra quelle in lattazione e quelle d’allevamento; il latte è conferito alla Cooperativa Laudense. Mentre sono stati dismessi sia la porcilaia, visto che la corte è troppo a ridosso del centro abitato, che l’allevamento di tori da ingrasso.

I campi della possessione sono sfruttati per l’alimentazione del proprio bestiame: in particolare, si coltivano fieno ed erba, quest’ultima offerta alle bovine in primavera ed estate, perché sembra che susciti loro benefici nel sopportare il caldo e nel garantire validi processi di fecondità.

I Boffelli sono anche fra i più attivi protagonisti della Fiera di Codogno, evento che contribuiscono a rendere interessante con la presenza delle migliori manze del loro allevamento; in questi preparativi sono tutti coinvolti, in particolare le donne di Filippo: la moglie Tina e le figlie Jessica e Marta.

Anche Domenico ha due figlie femmine. I Boffelli s’interrogano sul futuro. Ma le passioni non distinguono tra maschi e femmine: la storia del Boffelli alla Triulza, alla cascina Porta, è destinata a scrivere tante altre pagine. Tantissime. Infinite.

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