Rubriche/Cascine
Domenica 02 Ottobre 2011
Il “gioiello” di famiglia dei Bonandrini
Dalla Valle Seriana alla cascina Castagna di Pieve Fissiraga
C’è ancora un sole che abbacina in questo pomeriggio d’inizio autunno. Non arroventa più l’aria, ma si presenta d’uno sfavillio unico, quasi accecante. Adesso è l’ora più bella: angoli di terra sono già in penombra. Verrebbe lo sghiribizzo di farsi viandante, un bastone, una bisaccia e un camminare lungo i campi, senza alcuna fretta di giungere ad una meta: dove porta questa strada? È una domanda che faccio sempre alle persone che mi ospitano nelle cascine, quasi volessi apprendere, inconsciamente, che c’è un percorso che non conduce da alcuna parte.
UN EX COMUNE Sono ospite della famiglia Bonandrini alla cascina Castagna di Pieve Fissiraga. Questa corte è oggi frazionata in più parti. Invece alcuni secoli addietro era un’unica possessione, di proprietà Martani.Nel più remoto passato essa faceva comune a sè con altre due corti, la Orgnaga, poi distrutta per realizzarvi l’imponente centro commerciale di fronte al casello autostradale di Lodi, e la Orgnaghina. Oltre quattrocento pertiche di terra della possessione erano state donate alle monache di San Benedetto, già Umiliate. Intorno alla metà dell’Ottocento vi risiedevano ancora centoventi abitanti.I Bonandrini vi sono arrivati soltanto agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, inizialmente come affittuari di un medico pediatra, il dottor Aurelio Inzani. Essendo appunto un pediatra, e sapendo quanto fosse buona l’aria di campagna per i propri bambini, il dottore puntualmente ogni domenica si presentava in cascina: la sua non era la visita del padrone che controlla come si stia comportando l’affittuario. Il dottore veniva veramente per prendere una boccata d’aria pura, ma i Bonandrini lo trattavano sempre con tutti i riguardi, ed ogni domenica il pediatra ritornava a Milano con il bagagliaio dell’auto stracarico di ogni ben di Dio.
DAL MONTE AL PIANOIl capostipite dei Bonandrini si chiamava Luigi ed era originario di Casnigo, in Valle Seriana. Fu lui che decise di raggiungere il Lodigiano: sui primi suoi spostamenti, vi è qualche incertezza, ma in famiglia si conserva un attestato che lo premiava per la qualità di una bovina; la competizione era stata promossa nel 1913 dal Consorzio Agrario di Lodi e Luigi, sulla pergamena, è indicato quale allevatore di Massalengo.Invece con certezza si conoscono gli spostamenti di suo figlio Matteo, che era nato nel 1891. Inizialmente presso una corte di Agnadello e poi in un’azienda agricola di Misano Gera d’Adda. Egli era sposato con Maria Dominoni, originaria di Vailate.Nel 1961 Matteo Bonandrini era a Pieve Fissiraga: e se vero che ad inizio secolo suo padre si trovava a Massalengo la scelta del Lodigiano può interpretarsi come un motivo di nostalgia per la sua infanzia. Quando arrivò alla cascina Castagna, però, aveva già settant’anni. Il signor Matteo era stato in più aziende agricole, almeno tre, fermandosi anche numerosi anni, ma in fondo non aveva messo radici in alcun luogo; ovunque andasse, si trovava bene. Perché aveva un grande dote: quella di riuscire con facilità a fare amicizia con la gente. I primi periodi alla cascina Castagna furono movimentati: il signor Matteo, pur continuando ad interessarsi dell’azienda, aveva lasciato le redini della conduzione ai suoi quattro figli: Luigi, Giuseppe, Pietro e Battista. I ragazzi, pur andando tra loro molto d’accordo, ben presto si divisero: Pietro volle ritornarsene nel Bergamasco, mentre Giuseppe si spostò nel Bresciano.
DUE FRATELLI DIVERSIA condurre la cascina Castagna rimasero, quindi, Luigi e Battista. Il primo era un uomo molto schivo, e dunque un finto socievole: essendo una persona molto educata, se gli si dava da chiacchierare non si sottraeva alla conversazione, ma il suo più segreto desiderio era quello di starsene in santa pace in cascina, senza essere disturbato. Era sposato con Giannina Belloni, una donna che considerava la cascina Castagna come un gioiello di famiglia: non avendo avuto figli, stravedeva per i nipoti, gli eredi di Battista, e decantava loro le bellezze della corte, le risorse dell’agricoltura, il fascino della campagna, perché desiderava che quella corte avesse un futuro nelle nuove generazioni. Neanche lei riusciva facilmente a far parlare il marito, ma per una semplice circostanza: Luigi era perennemente a lavoro, dedicandosi in particolare alla stalla. In azienda i Bonandrini avevano ottanta vacche per la produzione di latte ed altrettante per l’allevamento. Il latte lo si conferì inizialmente alla latteria Cafasso di Pieve Fissiraga, dove si producevano gustose mozzarelle, poi al caseificio Raimondi di Villanova Sillaro ed infine alla cooperativa Santangiolina. Battista, invece, era un uomo che teneva tanto alle amicizie; gli piacevano le compagnie spensierate, scherzose. Gradiva organizzare incontri fra persone che provenissero da esperienze diverse, non necessariamente agricole. Battista Bonandrini teneva alle abitudini, vissute come riti: al mercoledì, giorno di mercato a Sant’Angelo Lodigiano, teneva a prendere il caffè con i soliti amici sempre nel consueto bar. Al sabato era d’obbligo trascorrere la mezza giornata al mercato di Lodi, ed anche lì era irrinunciabile l’appuntamento per un aperitivo.Battista aveva sposato Teresa Dolfini, narratrice di questa pagina. S’erano conosciuti in quanto dirimpettai. Lui aveva trovato un modo infallibile per incontrarla senza dare troppo nell’occhio: aveva infatti scoperto che Teresa, anch’ella figlia di agricoltori, quando portava il mangiare agli animali di corte li radunava con un particolare verso. Così a Battista occorreva soltanto tendere l’orecchio e quando udiva quel verso casualmente sbucava fuori dalla sua casa padronale.Anche Battista, al pari del fratello Luigi, s’impegnava nei lavoro in cascina; egli si dedicava soprattutto alla campagna e alla porcilaia. Ma le sue migliori doti erano espresse negli affari: Battista era un agricoltore che aveva fiuto, e per certi versi poteva dirsi un imprenditore innovativo, che sapeva stare al passo con i tempi. Dal 1965 al 1982 i Bonandrini presero in affitto anche la cascina Orgnaga, e anche qui attrezzarono alcune baste per i maiali. Agli inizi degli anni Settanta acquistarono la porzione della cascina Castagna di cui erano affittuari.
UN BRUTTO INCIDENTE Battista Bonandrini poteva essere soddisfatto, ma quando faceva i bilanci della sua vita riconosceva che l’attività agricola era così pesante che forse, alla fine, qualcosa gli aveva tolto. In una circostanza, nel 1989, aveva pure rischiato la vita. Quell’anno gli si era già presentato come nefasto per la morte del fratello Luigi. A Battista accadde che, mentre lavorava sotto al fienile, dal piano superiore cadde improvvisamente un ballone di fieno, dal volume di cinque quintali. Battista riuscì a sgusciarne prima che il peso lo schiacciasse in modo definitivo, fece qualche passo, e poi crollò svenuto. Da quel giorno la schiena non fu più la stessa, aveva frequenti dolori, e decise così di rinunciare all’impegno con le bovine.Dalla moglie Teresa, Battista aveva avuto due figli: Benedetto e Lorena. Il primo lavora in banca, ma ha comunque mantenuto un legame con il mondo agricolo: Benedetto, infatti, ha sposato Graziella Boselli, figlia degli agricoltori della cascina Tormo di Crespiatica, corte presso la quale la coppia vive; mentre Lorena ha impiego presso un’importante azienda del territorio. Ella, però, segue anche l’azienda agricola di cascina Castagna. Ma Battista, che aveva fiuto, e che sapeva quanto è difficile il mestiere d’agricoltore soprattutto se da conciliare con altre attività, si sarebbe probabilmente liberato anche delle porcilaie, oltre che delle bovine, se a fargli cambiare proposito non fosse stata la stima per il genero: Giuseppe Nembrini.
MILLE MAIALI Quest’ultimo è agricoltore da generazioni, e conduce oggi l’azienda della sua famiglia nella campagna di Magenta. Il suocero lo convinse a dare parte del proprio impegno lavorativo anche alla cascina Castagna: così i maiali rimasero, ed oggi vi è un’attività in soccida con il gruppo Veronesi.I maiali sono oltre un migliaio: ottocento si trovano nella parte nuova della cascina, mentre nella zona storica della corte, presso la vecchia stalla per le manze ovviamente riconvertita, sono ospitati altri quattrocento capi. Oltre all’indirizzo suinicolo, si mantiene anche quello cerealicolo.La recente morte di Battista Bonandrini ha ovviamente lasciato un forte vuoto. Mancano il suo umorismo, la sua passione, l’esuberanza di coltivare nuovi progetti. Ma ci sono tre ragazzini, in famiglia, che qualcosa sembrano aver preso dal nonno, che sarebbe stato fiero di loro. Ma mai come la zia Giannina, che soleva ripetere quanto la cascina Castagna fosse il vero, autentico gioiello di famiglia.Ed i ragazzi questa storia l’hanno sentita già tante volte, e al tempo giusto sapranno farne tesoro.
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