Rubriche/Cascine
Domenica 20 Novembre 2011
Cascina Cucca, una storia che riemerge
La pazienza dei Vailati riporta alla luce tracce di un nobile passato
E’ una serata di intensa nebbia e, ci fossero ancora, buona per avvolgenti tabarri. Fa freddo, l’umidità ghermisce ogni buon proposito di godersi il silenzio della campagna. Il mio amico Alberto Vailati - proverbiali le nostre cene annuali a base di arrosti e vino, chiacchiere e aneddoti fra tanti amici agricoltori - mostra di non temere i rigori del clima: ha tolto dalle mani i guanti di lavoro, e sta lisciando la pietra levigata di un oggetto ornamentale, un tempo ipotetica fontana per acqua benedetta.La cascina Cucca di Codogno, ma ad una manciata di metri provenendo da Casalpusterlengo, è una di quelle corti che il mio maestro Giacomo Bassi, messere di un Lodigiano che non c’è più, definirebbe come monumentale. Con Alberto andiamo per congetture, banditi i libri di storia, ed ampio spazio alle nostre fantasie: ma è probabile che qui, secoli fa, vi dimorassero monache osservanti la più rigorosa clausura e, successivamente, frati ancora rivolti ad opere di bonifica del territorio. Ce lo suggeriscono tanti aspetti: per esempio, le mura esterne di parti della cascina, così spesse e profonde da garantire quasi una sorta di segregazione, un corridoio interno in prossimità del giardino, analogo ad una balaustra di passaggio, il suggestivo ovale di una bifora, una tavola in pietra simile ad un altare, e ancora gli affreschi sui soffitti delle stanze, che con pazienza certosina Alberto Vailati sta facendo riemergere, anno dopo anno, riuscendo a cogliere gli elementi originali delle raffigurazioni.
Uomini di carattere Ho chiesto di essere ospitato alla cascina Cucca, giusto stasera, pur in questa giornata di nebbia che mette il magone e mi fa rimpiangere il mare dei Malavoglia di Aci Trezza, perché similmente al patron ‘Ntoni anche qui c’è un patron, un patriarca, Franco Vailati, classe 1931, che domani mattina sarà premiato dalla cooperativa Santangiolina per essere fra i soci di più antica militanza.Uomo di temperamento il signor Franco Vailati: un genialoide, come lo definisce in senso buono il figlio Alberto; appassionato di bovine e di meccanica, attento sempre ad ottimizzare i tempi, ad escogitare soluzioni per migliorare l’efficienza dell’azienda agricola. Nel 1974 un gravissimo incidente gli condizionò il fisico, ma non il morale, rimasto sempre alto, nè la passione per il lavoro, tutt’oggi integra come ai tempi di gioventù. Il signor Franco si è mantenuto nel tempo uomo di grande tenacia: anche nei momenti di maggiore difficoltà, quando la panacea di tutti i problemi dell’agricoltura pareva dovesse essere la esclusiva conversione alla monocultura, lui non ha mai arretrato di un millimetro, e ha sempre difeso il valore di una stalla. I Vailati sono agricoltori da almeno tre secoli, ma stavolta non si va per congetture e si preferisce ripercorrere la storia reale soltanto da notizie certe. La memoria di Alberto risale alla figura del nonno Francesco, che era agricoltore alla cascina Guastimone di Bertonico. Un tipo gagliardo questo suo nonno: aveva partecipato al conflitto bellico del 15/’18 e, tornato dal fronte, aveva impostato la propria azienda agricola non come fosse ancora in guerra, ma dentro ad una caserma, certamente sì: i suoi ordini non andavano discussi, ed i figli dovevano applicarli alla lettera. Era, inoltre, fissato con regole precise: fu, ad esempio, un antesignano della lotta al fumo.
60 anni a san martino Francesco Vailati aveva sposato una cugina, Giovanna Vailati, da cui aveva avuto nove figli: uno, di nome Franco, purtroppo morì in giovane età, a soli sei anni, per una malattia dell’epiglottide, che oggi è possibile curare, ma nel passato si rivelava mortale; così ad un suo fratello, di nome Domenico, per ricordare il piccolo scomparso, fu aggiunto il nome Franco: allora, prima divenne Domenico Franco, poi solo Franco. Lui è giusto appunto il papà di Alberto.Nel 1936 nonno Francesco si spostò alla cascina Ferrietta di San Martino in Strada e divenne lo storico affittuario della famiglia Padovani: i Vailati rimasero lì oltre sessant’anni, rinunciando alla conduzione quando i proprietari richiesero per se stessi la corte.Anche i figli di nonno Francesco proseguirono l’impegno agricolo; e le figlie, a propria volta, convolarono a nozze con agricoltori. Una di loro, anzi, Franca Vailati sposò Primo Guercilena, che era stato presidente della cooperativa Santangiolina.Dei figli maschi, invece, Osvaldo andò a condurre la cascina Passerina di Lodi; mentre Bruno Angelo, detto solo Bruno, e Domenico Franco, detto solo Franco, condussero insieme la corte Ferrietta. Una delle difficoltà di questa azienda agricola era la stalla che imponeva la presenza di bovine solo a stabulazione fissa. Così il lavoro era faticoso; per questo i Vailati ebbero vari collaboratori, ma presenze fondamentali furono quelle del fattore Enrico Rossi, che abitava alla cascina Ferrietta prima ancora dell’arrivo di nonno Francesco, e quella di Domenico Vignati.
Un amore a prima vista A metà degli anni Novanta ai Vailati si pose il problema di cambiare cascina. Franco di comune intesa con il fratello aveva deciso di proseguire per conto proprio. Egli aveva avuto dalla moglie Marisa Bombelli tre figli: il nostro Alberto, Elena e Mirella. Proprio Alberto fu il primo a gestire questa fase di cambiamento: nel 1996 i Vailati, prendendo in conduzione la cascina Cucca, divennero affittuari della Fondazione Guaitamacchi Pedrazzini di Codogno alla cascina. A quel tempo la corte era condotta dai fratelli Bellotti, che provenivano dalla Bergamasca, e che per ragioni d’età lasciavano definitivamente l’impegno agricolo.Fra Alberto e la cascina Cucca fu amore a prima vista: troppo facile intuirne le ragioni adesso, con una facciata della casa padronale rimessa a nuova e a dir poco splendida; occorreva vederla quindici anni fa questa cascina, che non aveva più avuto manutenzioni e che aveva tanti intonaci scrostati. Alberto ebbe il merito di intuire che la cascina Cucca poteva tornare ai suoi vecchi fasti ed all’antica bellezza.Alberto s’è diplomato in agraria, e per una decina d’anni, all’impegno in cascina, ha abbinato l’attività di assicuratore per conto delle Società Generali quale perito di grandine: un lavoro particolare che lo ha portato a girare quasi tutta l’Italia, verificando i danni portati alle colture da improvvise e traditrici grandinate. Ha ancora negli occhi quella visita a Porcia, in provincia di Treviso, dove in pieno luglio, nel giro di mezzora, sembrava di attraversare i campi invernali, con la macchine spala neve che dovevano sgomberare i terreni da pezzi di grandine grossi come il pugno di una mano, e che avrebbero anche potuto uccidere se avessero colpito un uomo. Racconta che chi ebbe modo di assistervi aveva avuto l’impressione di prendere parte all’apocalisse, alla fine del mondo.
Una scelta decisa Alberto ha poi scelto di lavorare esclusivamente come imprenditore agricolo: oltre alle attività di stalla, dove ha una settanta di bovine per la produzione di latte, e un nutrito gruppo di torelli per quella delle carni, svolge l’attività di apicoltore. Alberto Vailati ha confermato, per il conferimento del latte, la relazione con la cooperativa Santangiolina, cui riconosce fondamentali meriti. Ricorda ancora l’ansia del nonno quando improvvisamente un caseificio decideva di non ritirare più il latte. Un tempo quella era la principale preoccupazione di tutti i produttori di latte. La Santangiolina ha saputo riscattarli, dando dignità anche a chi possedeva un numero ristretto di bovine, garantendo loro la sicurezza dei propri diritti. La considerazione di Alberto ha un valore personale: sa che Antonio Baietta, leader e storico presidente della cooperativa Santangiolina, ha deciso di spendere tutta la sua esistenza nella difesa del mondo lattiero caseario, e ha scelto ciò senza secondi fini, senza scopi personali, spiega Alberto Vailati, solo mosso da una fortissima passione e da una generosità senza uguali.Lui sa capirlo Baietta. Perché quando Alberto sta in stalla, con la sua mandria, raggiunge un equilibrio interiore perfetto, sta bene con se stesso, si riappacifica col mondo: lì il processo agricolo trova la chiusura del suo ciclo, gli animali sono impegnativi, magari fanno soffrire, ma rendono tanta soddisfazione, non tradiscono mai. Alberto sa che Baietta queste cose le comprende, conosce com’è l’indole, la natura di un allevatore, di un produttore. Per questo la cooperativa Santangiolina sa realizzare una sintonia assoluta con i propri soci. Anche quando si discute, anche quando si litiga, paradossalmente la sintonia resta, non viene mai meno.
Fiducia nel futuro Alberto guarda con fiducia al futuro, per ragioni obiettive e personali. L’agricoltura sembra avere toccato il fondo, assolutamente ignorata dalla classe politica in questi ultimi anni, e adesso può solo risalire. E a casa Vailati si progetta il futuro con le nuove generazioni. Alberto ha sposato Cristina Merli di Maleo; quando si conobbero lei lavorava in un istituto di credito in piazza della Scala a Milano.Il passaggio alla cascina Cucca non fu indolore: Cristina si sentiva in una prigione dorata, distante da tutto, per qualunque cosa occorreva prendere la macchina e andare in paese. Poi, facendo leva sull’intelligenza e l’intuito femminile, si è ambientata.Lasciata Milano, lavora nello stesso istituto di credito, a Codogno.Dal matrimonio tra Alberto e Cristina sono nati Gianluca, diciassettenne, e Massimiliano, che sta per compiere nove anni; il primogenito sembra già seguire le orme del padre, del nonno e del bisnonno: frequenta il quarto anno di agraria presso l’Istituto Tosi di Codogno e, durante il tempo libero, si coinvolge nelle attività dell’azienda agricola, mostrando una buona attitudine alla cura del bestiame.Mentre giunge la sera, la nebbia s’infittisce maggiormente. C’è il muggire dei buoi che giunge come un atavico richiamo, per tutti, me compreso, che sono cresciuto in un’isola dove le masserie dei contadini sono state un approdo confortevole nella mia infanzia.Adesso, salutando Alberto, mi piace intuire una presenza che non si svela tra le ampie arcate della stalla vecchia: un uomo col tabarro, forse.
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