Campi e motori nel Dna dei Baggi

Ora che si parla di agricoltura in verticale, di serre costruite con aspetto piramidale, chissà che ne direbbe il frate domenicano Paderno osservando questo straordinario angolo di pianura lodigiana, giusto alle spalle di Massalengo, in una filiforme stradina che si insinua, a zig zag nei campi, con gli steli del mais già alti, ogni curva un’incognita, ed invece ci sono ulteriori steli e altre curve, e così pare che debba essere per l’infinito.Un luogo simile è quello che ci voleva per ritemprare il mio spirito. Questi orizzonti padani mi sono molto mancati negli ultimi due mesi. Lontano dal Lodigiano, nei più segreti spazi del mio cuore ne misuravo la nostalgia. Ero stato in Sicilia, a salutare per sempre mia madre: non immaginavo questo improvviso distacco, che così mi è apparso ancora più lacerante. Lei riposava in cielo, davanti al mio animo incredulo, ed io volgevo altrove i miei rimpianti, per averle tolto, pressocché interamente, quella che fu la mia giovinezza. Allora, me ne sono andato in Scozia, a sfogare lungo oceaniche scogliere il mio bisogno di solitudine. E qui, in campi ondulati di fieno, e di erbe che lambiscono i sassi del mare, e in verdeggianti pascoli di mucche e di pecore, ho cominciato a sentire il richiamo della mia personale Itaca lodigiana. Di questo e di altro mi sarebbe piaciuto parlare col frate domenicano Paderno.

AGRICOLTORE E CENTAUROSono ospite della famiglia Baggi, che da secoli - sempre citata nei più antichi libri di storia locale - è proprietaria di una delle due porzioni della cascina Paderno Isimbardo; quest’altro nome, Isimbardo, derivava da una famiglia pavese, nel passato proprietaria dell’intera possessione, che alla fine dell’Ottocento contava duecento abitanti. Dei Baggi, mi sta raccontando Giovanni, che con il fratello Alessandro rappresenta l’attuale ultima generazione agricola della famiglia. Una loro sorella, Stefania, laureata in Giurisprudenza, ha scelto un impegno diverso. I racconti s’infittiscono e da un particolare apprezzo la profonda umiltà del mio interlocutore: che lui sia lo stesso Giovanni Baggi, uno di quegli sportivi che dà lustro al territorio, campione nazionale di motociclismo, emerge quasi per casualità, allorchè ci si racconta le proprie passioni che, almeno un minimo, distraggono dal lavoro. Eppure delle sue imprese sulle due ruote - e di quando nel 2006 vinse il titolo nazionale del Ducati Challenge nella classe Superbike - mi era capitato di leggere.

UN NONNO DI CARATTEREGiovanni mi racconta del nonno, di cui porta il nome. Ne ha un ricordo indelebile, che gli serve da stimolo davanti ad ogni bivio della vita; me lo descrive, dunque, con affettuosa riverenza, filtrata da una commossa simpatia: perché il nonno, per il quale l’agricoltura non era solo un’attività imprenditoriale ma una vocazione, sapeva essere prepotente, ma le responsabilità, anche quelle che avrebbero comportato le conseguenze più radicali, le assumeva su di sè in prima persona. Egli era sposato con Maria Chiara Gamba, originaria di Villa d’Almè, nelle valli bergamasche, la quale, per tenere testa ad un uomo così determinato, aveva comunque un carattere forte. Il vecchio Baggi era un fascista convintissimo e fiero; per indole, un decisionista: qualunque sua decisione non aveva necessità di confronti, e andava rispettata senza tentennamenti. Il vecchio nonno Giovanni aveva un’azienda agricola di livello, dove produceva direttamente il formaggio. Ma non appena cominciò la diaspora dei salariati agricoli, se la prese subito a male. Oppure capì che quello non sarebbe stato più il suo mondo: è probabile che essendo un uomo veramente lungimirante, intuì che le nuove politiche del mercato avrebbero finito per appiattire i valori dei beni prodotti, e che l’impegno agricolo ne sarebbe uscito svilito. Di punto in bianco, senza possibilità minima di ripensamenti, vendette tutte le vacche ed i maiali mutando l’attività dalla zootecnia all’indirizzo cerealicolo, così che un paio di braccia robuste sovvertissero il bisogno di intere squadre di uomini. Il nipote Giovanni è un ragazzo tagliente nelle sue riflessioni e fotografa con un’immagine straordinaria l’evoluzione dell’agricoltura: suo nonno girava per stalla, porcilaia e campi, sempre vestito di tutto punto, giacca e cravatta, cappello e scarpe linde; suo figlio Antonio passò invece alla camicia e a doversene pure rimboccare le maniche; a lui è toccato indossare la tuta da lavoro Nonno Giovanni e nonna Maria Chiara ebbero due figli: Antonio e Raffaella. Al figlio toccò dunque proseguire la tradizione di famiglia.

UN FIGLIO LAVORATOREAntonio Baggi è del 1940 e ha lavorato duramente nell’arco della sua vita; egli ha sposato Angela Pelloli di Lodi; occuparsi dell’azienda proprio durante gli anni dei cambiamenti e delle trasformazioni non fu semplice; fondamentalmente il signor Antonio è un uomo mite, ed invece, nelle stagioni della transizioni, fu obbligato a sfoderare gli artigli. Ha avuto il merito di salvaguardare l’identità rurale della possessione, dedicando tempo ed energie ai terreni ed alle colture, in questo avvantaggiandosi sempre di una sua precisa competenza: di qualunque mezzo meccanico attraversasse i campi, lui doveva conoscere ogni segreto, qualunque potenzialità nel suo utilizzo. Il signor Antonio Baggi è, infatti, estremamente competente in materia di motori. Ma soltanto dopo che i due figli maschi gli si sono affiancati nell’attività agricola, ha potuto dedicare maggiori spazi a questa sua passione, attrezzando un terreno come pista di volo, dotandolo di hangar per il ricovero dei veicoli aerei, e affidando gli appassionati aviatori ad una scuola che li aiutasse ad essere non solo sportivi, ma piloti capaci. La pista è un gioiello, curatissima nei dettagli, ed il signor Antonio un esperto non solo di motori, ma di latitudini e longitudini: ha la maestria di un tecnico e la passione di chi sa rimanere sempre giovane.

BIOGAS E AGRITURISMOAl resto, ed in particolare a come fronteggiare la crisi dell’agricoltura mantenendo moderna e competitiva la propria azienda agricola, hanno pensato i due suoi figli, Giovanni ed Alessandro. Intanto la produzione dei campi, esclusivamente rivolti alla monocoltura del mais, è stata destinata al mercato che ne richiede l’utilizzo per la fornitura di energia elettrica. Poi, laddove vi erano le case rurali, è stata avviata un’importante attività di recupero e gli utilizzi sono stati destinati alla promozione agrituristica, con alloggi adesso finalizzati al pernottamento. È stata questa una scelta meritevole di elogio da parte della famiglia Baggi: recuperare l’identità rurale degli ambienti comporta impegni economici importanti, oggi è più semplice demolire tutto ed attrezzare un anonimo capannone quale rimessa per i trattori. Dice bene, allora, Giovanni Baggi, quando prefigurando gli scenari futuri, immagina le cascine quali aziende di servizi: avrà un domani chi saprà promuove le proposte più varie, sempre dentro la natura, valorizzando comunque l’aspetto agricolo in ogni possibile contesto; e non è stata questa, d’altra parte, la strada intrapresa dagli agriturismi, dalle fattorie didattiche, da chiunque abbia saputo ingegnarsi in soluzioni solo l’altro ieri considerate temerarie ed estranee alla propria storia?

IN TUTA DA GARAIn una società agricola in costante trasformazione, Giovanni Baggi svolge un ruolo da protagonista: nelle riunioni della organizzazione cui è iscritto, quella di Confagricoltura, ribadisce concetti fondamentali: ad esempio, che la burocrazia è una morsa soffocante per lo sviluppo agricolo; e che la troppa insistenza sulla qualità dei beni prodotti, che alle fine avrebbe dovuto rivelarsi premiante, si è rivelata alla fine uno specchietto per le allodole perché il consumatore, in tempi di crisi, preferisce comunque il risparmio, e che altre dunque devono essere le forme di incentivazione per le produzioni agricole affinchè abbiano ancora un loro valore.Poi, quando padre e fratello gli lasciano i giusti spazi, Giovanni Baggi indossa il casco, inforca la moto, e diventa lo sportivo in tuta da gara apprezzato in tutta Italia. Mi racconta così dei suoi impegni: il talento, indispensabile, non basta infatti per correre in pista e vincere. Ci vogliono pure tanti allenamenti, rivolti a rafforzare la resistenza fisica: corsa, bicicletta, meglio se mountain bike, palestra, canoa, qualunque cosa aiuti a porre oltre il limite della propria stanchezza. L’ultima stagione agonistica gli ha lasciato l’amaro in bocca, ed ora medita le giuste rivincite. Per rilassarsi, poi, basta una passeggiata a piedi nei campi, sino alla pista di volo, e lì serenamente fermarsi ad immaginare un nuovo futuro.

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