All’ombra del campanile del Tormo

Domenico Groppelli, della cascina Sacrario, ubicata alla frazione Tormo di Crespiatica, mi racconta le vicende della propria corte e della sua famiglia e ad un certo punto dice una frase che mi commuove: da ragazzino - narra Domenico, ripescando nella memoria lontani ricordi - forse ho avuto poco come svaghi, economicamente non mancava nulla, ma la mia vita si svolgeva all’interno della possessione agricola; ed allora il mio passatempo era guardare le nuvole che cambiavano forma sospinte dal vento. Mi divertivo tantissimo: e questo divertimento mi ha aiutato a stemperare la mia concretezza, ad avere immaginazione, interessi, a domandarmi dove vanno le nuvole e, così, come evolve l’esistenza. Papà me lo diceva sempre: da giovane è tutto facile, ma la vita fa presto a correre, e non concede fermate a piacere....

agricoltori nel sangue

È un uomo saggio Domenico Groppelli: uno di quelli cresciuti con un paio di esempi, di cui ha saputo fare tesoro per tutta la vita. Fedele alla parola data, concreto negli affari, si è sempre concesso un sogno, forse talvolta persino un’illusione: da bambino guardava le nuvole cambiare sagoma, adesso ha l’estro della pittura, nata improvvisamente, un giorno che aveva una sciatalgia, il medico gli aveva consigliato punture e riposo, e lui cominciò a dipingere oggetti, animali ed ambienti per come si svelavano ai suoi occhi con una straordinaria verosimiglianza, cogliendone il lato essenziale, esaltandone, attraverso l’arte, l’utilità più realistica.

I Groppelli, lodigiani ormai da generazioni, sono originari di Chieve. Il capostipite si chiamava anch’egli Domenico ed era nato nel 1891. Insieme ai fratelli conduceva una piccola cascina e fu da lì che cominciò l’esodo dei numerosi Groppelli verso le più diverse destinazioni: tutti, comunque, proseguirono l’attività agricola.

Domenico senior Groppelli andò a Corte Palasio, alla cascina Molina. Era il 1927. Egli aveva otto figli, e i maschi decisero, con convinzione, di fare a propria volta gli agricoltori. Si chiamavano Francesco, nato nel 1922, e Zemiro, la cui classe era del ‘29.

I due fratelli erano, caratterialmente, molto diversi tra loro, ma ugualmente molto uniti. Zemiro era quello più loquace: persona brillante, dai modi accattivanti, provetto ballerino, era un vero uomo di mondo; ma, per quanto fosse di piglio sicuro e rapido nelle decisioni, teneva fortemente al parere del fratello Francesco, fidandosi moltissimo dei suoi consigli; quest’ultimo, invece, era più schivo, quasi taciturno, si sentiva particolarmente contento solo lavorando in cascina.

Zemiro aveva sposato Luisa Guerrini, una donna molto buona di indole; Francesco aveva sposato Gianfranca Capelli, una ragazza che aveva avuto la possibilità di studiare, e che ai propri figli cercava di trasmettere il significato del valore dei libri, mentre il marito era più interessato ad avere in casa una buona manodopera per l’azienda agricola, che non dotti scienziati con poca voglia di lavorare di braccia. Francesco e Gianfranca Groppelli ebbero quattro figli: Santina, Agostina, Giovanna e Domenico, appunto il nostro sognatore di nuvole.

due corti gemelle

A Corte Palasio, oltre alla cascina Molina, i Groppelli conducevano un ramo della vicina corte Dossi. Le cose erano andate così: il padre di Gianfranca era anch’egli agricoltore, morì precocemente e toccò alla figlia, con il marito Francesco, mandare avanti un ramo di quella possessione agricola; sia quest’ultima che la cascina Molina furono condotte come se si trattasse di una sola e unica azienda. Oltre ai fratelli, anche le rispettive mogli lavoravano con grande impegno, dedicandosi alla stalla e in particolare ai vitelli.

I Groppelli erano coadiuvati da un ristretto numero di contadini, collaboratori di grande affidamento; fra questi, Mario Pasetti, mungitore, che curava la pulizia della stalla meglio di quanto tenesse alla propria casa. Poi Romeo Pagani con i suo figli.

Al signor Francesco, si affiancò presto il figlio Domenico, che scelse con ferma consapevolezza di proseguire il lavoro paterno; aveva la concreta possibilità di sistemarsi in una banca, ma l’idea di rimanere sacrificato ad una scrivania gli faceva venire il magone. Il signor Francesco era comprensibilmente orgoglioso di questa scelta: non gli era mai andato troppo a genio che il figlio perdesse tempo con i libri, e alla prima occasione, quando si era ammalato un mungitore, lo aveva spedito dritto dritto in stalla.

una eredità preziosa

Anche se sul lavoro era molto diretto, e con un radicale senso del dovere, il signor Francesco Groppelli era una pasta d’uomo e stravedeva per le sue figlie e per il suo ragazzo: ogni momento libero lo voleva trascorrere con loro, e nella sua saggezza dava importanti consigli. Soprattutto trasmetteva valori: il piacere di essere uniti, di volersi bene, di trovare nella famiglia quei sostegni indispensabili per affrontare tutte le curve della vita. Il signor Francesco era molto generoso dei propri spazi e del proprio tempo, quando si trattava di concederli ai suoi figli. Ed anche se in cuor proprio sperava che Domenico ne seguisse le orme, lo lasciò assolutamente libero nella scelta. Infatti, quando subentrarono le esigenze di rendere autonoma la propria famiglia da quella del fratello, quindi la necessità di ingrandirsi e di trasferirsi altrove, fece un discorso molto chiaro al figlio: era infatti disponibile ad un importante sacrificio economico, ma alla sola condizione che davvero il suo ragazzo volesse fare questo lavoro. Ricevuta una risposta affermativa, il signor Francesco Groppelli acquistò, nel 1980, la cascina Sacrario, che era a quel tempo proprietà della signora Piera Sgariboldi, ed era condotta da suo marito Agostino Chioda.

La denominazione di tale possessione dovrebbe risalire al fatto che è molto vicina alla chiesa della frazione Tormo, per la quale nel più lontano passato aveva forse costituito una sorta di camposanto.

una calciatrice di classe

Anche Giovanna, figlia del signor Francesco e sorella di Domenico, intraprese l’impegno agricolo. Lei è un personaggio davvero singolare: è stata un’importante sportiva del territorio, raggiungendo traguardi nazionali e persino internazionali. Lo sport a cui si è dedicata è stato il calcio.

Giovanna Groppelli, infatti, ha giocato nel Saronno, nel Milan, con la cui casacca ha vinto uno scudetto ed una coppa nazionale, quindi nel Piacenza, e poi ha chiuso la carriera nell’Aurora Casalpusterla, società presso la quale riveste oggi l’incarico di dirigente. Ha militato anche nella Nazionale italiana femminile, meritandosi la convocazione per i mondiali in Messico, dove non volle andare per una fifa tremenda dell’aereo. Il suo ruolo era quello di mediano: un tipo tosto, alla Furino (d’altra parte è juventina, come un marchio di fabbrica a casa Groppelli), e malgrado fosse un difensore roccioso non è mai stata particolarmente fallosa, tanto che in tutta la carriera rimediò solo un paio di ammonizioni.

Questa passione la ebbe sin da ragazzina, e papà Francesco non gliela proibì, addirittura sostituendosi a lei nelle attività agricole, quando Giovanna doveva correre agli allenamenti o aveva gli impegni delle partite. Anche da parte sua la scelta di dedicarsi all’agricoltura fu consapevole; contestualmente, infatti, Giovanna aveva imparato pure un altro lavoro: era ricamatrice, presso l’Istituto di suore di Corte Palasio, la cui scuola era così apprezzata che la cantante Orietta Berti voleva che i suoi abiti in paiette provenissero esclusivamente da lì. Ma come il fratello non s’era visto inchiodato alla scrivania di una banca, Giovanna non pensò minimamente di immaginarsi incollata a vita innanzi ad un’apparecchiatura per ricamare. E, come il fratello, optò per l’agricoltura.

domenico e il futuro

Se Giovanna Groppelli sfogava la propria gioventù dietro ad un pallone, suo fratello Domenico scopriva l’amore. Da ragazzo, più che fantasticare sulle nuvole non si concedeva, esageratamente dedicato com’era al lavoro: i suoi orizzonti erano quelli della cascina. Un giorno, però, vide passare una ragazza proprio davanti alla corte Molina: la seguì, provò a corteggiarla, e se ne innamorò. Fu così che sposò Annamaria Ghisetti. Lei era impiegata presso una struttura alberghiera del milanese ed ha voluto proseguire questa attività, rimanendo quindi distante dall’agricoltura, anche se ha saputo integrarsi alla perfezione nella vita di corte.

Domenico ed Annamaria Ghisetti hanno avuto due figli: Francesco, perito elettronico, e Angelo, perito agrario; quest’ultimo lavora al Centro Ricerche Foraggere, mentre il primo ha seguito, almeno quinta generazione dei Groppelli, l’impegno agricolo.

Francesco ricorda, in alcuni tratti, il suo omonimo nonno: possiede la stessa generosità di tempo e di spazio verso chi ha bisogno, a condizione che abbia davanti persone sincere e leali, come in definitiva è lui che, quando prende un impegno, o spende la propria parola, non si tira indietro neanche davanti alla difficoltà più estrema. È questo piglio che piace a suo padre Domenico, quello giusto per affrontare la crisi dell’agricoltura. Oggi non mancano i segnali preoccupanti: crisi del prezzo dei maiali, stagnazione nei profitti per il latte e per le carni, la cerealicoltura che ha alzato il livello ma i cui ricavi potrebbero rivelarsi un’incognita nel futuro. Il comparto andrebbe aiutato valorizzando i sacrifici che ciascun agricoltore pone in essere nella sua attività. Per adesso lo si è fatto solo promuovendo chi commercializza ufficialmente i propri prodotti, con il progetto del “chilometro zero”, il banchetto agricolo che entra quasi dentro casa. L’idea di partenza è giusta, ma andrebbe promossa una contestuale cultura dell’alimentazione perchè oggi ci si nutre non sapendo bene cosa si mangia.

Sull’aia della corte Sacrario risplende un cielo sgombro di nuvole; quasi un’allusione: poco da fantasticare, e tanto da lavorare per costruire un futuro più solido.

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