Rubriche/Cascine
Lunedì 09 Aprile 2012
Alla Scovazza le “radici” degli Andena
La corte di Dovera è legata a una storica famiglia di agricoltori
Non fosse per la brutta fine che fece l’attendente di Achille, vale a dire Mnemone, che aveva il compito di richiamare all’eroe greco ogni utile memoria così da fargli sempre salva la vita, non avrei dubbi a nominare il mio amico Emilio quale Mnemone della sua famiglia, quella degli Andena. Emilio, infatti, ricorda i capostipiti e, per ciascuno di loro, dal quadrisnonno al pro pro pro zio, ha conservato un aneddoto, un particolare, una testimonianza.
L’antica sguazza Mi fermo ancora a Dovera, alla cascina Scovazza, di cui la famiglia Andena è proprietaria. La possessione è antichissima, e in remoti documenti è denominata Sguazza, quasi sicuramente per i prati Sguassi, cioè destinati a marcite. Queste ultime gli Andena le hanno tenute sono al 1980, poi hanno optato per il prato stabile, perché cominciava a giungere poca acqua sull’appezzamento, e quasi mai pulita, a fronte di un impegno di manutenzione sempre più dispendioso di fatiche.Direttamente da Agnadello, paese che aveva dato loro i natali, gli avi di Emilio arrivarono alla cascina Scovazza nel 1872: in un mappale dell’epoca, firmato dal sindaco Barni di Dovera, è scritto che in quella zona gli Andena erano già conduttori di un fondo di 14 pertiche.Nella seconda metà dell’Ottocento risultava proprietaria della corte Sguazza la signora Ermenegilda Gaggiani, mentre alla fine di quel secolo la stessa possessione era intestata alla famiglia Granata: gli eredi di questi ultimi, nel 1975, vendettero parte dei beni, fra cui appunto la cascina ed alcuni terreni, agli Andena.Colui che aveva deciso di spostarsi da Agnadello a Dovera, si chiamava Paolo Andena, fu Daniele, ed era il trisnonno del nostro Emilio.
Scelte singolari Paolo Andena aveva avuto cinque figli viventi: tre maschi e due femmine, di cui una, Enrica, si fece suora ed espatriò in America. I tre maschi si chiamavano Bassano, Alessandro e Daniele. Proprio quest’ultimo, morì giovane, lasciando orfani due bambini; la vedova si rimaritò con Vincenzo Mondonico, da cui ebbe un altro figlio; poi questo nucleo, nel 1923, si ritirò dall’azienda di famiglia, andando a vivere a Valera Fratta.Alessandro invece si spostò a Casalpusterlengo: egli fu il nonno di don Virginio Andena, prete indimenticato, molto amato da tantissimi lodigiani.Bassano, che era il primogenito, nato nel 1863, fu l’unico a rimanere a Dovera, e toccò a lui assumere la conduzione della cascina Scovazza. Egli era un personaggio dalle scelte singolari. Quando decise di prendere moglie, ricevute alcune referenze su brave e morigerate donne, si recò a Gradella per conoscere una possibile candidata: la ragazza si chiamava Oliva Mascaretti; Bassano lo squadrò, da cima a piedi, e senza profferire parola, si congedò. In cuor suo aveva scelto che quella fanciulla sarebbe stata sua moglie. Concordate le nozze, andò a prenderla in pompa magna con la carrozza: ma aveva sbagliato giorno, e si era presentato con ventiquattro ore d’anticipo, trovando Olivia ancora con i bigodini in testa.Bassano Andena era un poetico sognatore: gli piaceva leggere, e soprattutto scrivere. I suoi non erano semplici versi. Bensì poemi. Gli eredi, una volta, consegnarorono le poesie ad un prevosto con fama di critico letterario: e fu così che smarrirono un patrimonio, se non di vera e propria arte letteraria, di ricordi famigliari. Si conserva, dunque, una sola lirica del Bassano poeta: otto pagine di fogli protocollo, fittamente scritti, in cui chiamava in causa la Francia, l’Inghilterra, la Spagna ed ovviamente l’Italia. Bassano era anche un bravissimo agricoltore: ma poiché irrigare un campo richiedeva tempo, lui portava con sè una sedia pieghevole, un ombrello per ripararsi dal sole e, nel frattempo, scriveva le sue poesie.
Discendenze numerose Bassano ed Oliva ebbero otto figli: Teresa, che divenne suor Gertrude dell’Ordine Missionario del Sacro Cuore; poi altri quattro, accomunati da uno stesso atroce destino: tutti morti per tisi; e cioè, Virginio e Giovanni, che avevano contratto la malattia durante il periodo sotto alle armi in occasione del primo conflitto mondiale, e quindi Orsola e Giulia, probabilmente contagiate dal terribile morbo; infine, Agostino, Felice e Luigi, che proseguirono l’impegno agricolo.L’unico che si fermò alla cascina Scovazza fu Luigi, che era nato nel 1894. Sposato con Maria Zanini di Crespiatica, di due anni più anziana di lui, e dalla quale aveva avuto ben 12 figli, nati quasi tutti a distanza di un anno gli uni dagli altri, Luigi Andena era un uomo con alcune particolari caratteristiche: intanto, era religiosissimo. Riteneva di avere ricevuto una grazia dalla Madonna del Pilastrello quando era incorso in un terribile infortunio: mentre puliva una paratoia, era caduto in un fossato, si era rotto tre costole e gli si era perforato gravemente un polmone. Era stato costretto ad un lunghissimo ricovero, e i medici disperavano di poterlo salvare, perché invece di migliorare, peggiorava. Fu così che tutti i famigliari cominciarono ad invocare l’intercessione della Madonna ed inaspettatamente Luigi guarì. Era anche cavaliere di Vittorio Veneto, onorificenza a cui teneva tantissimo. Ed infine era un vero ministro delle economie di famiglia: per uscire un soldo doveva essere costretto da inevitabili necessità, assolutamente non prorogabili: altrimenti, il borsellino restava cucito ed inaccessibile.
Spirito contadino Come il padre, anche Luigi amava scrivere. Non poesie, piuttosto un diario di bordo degli eventi fondamentali della sua vita: in foglietti di quaderno aveva annotato le date di nascita dei figli, con il dettaglio delle ore in cui erano venuti al mondo.Di questi dodici, cinque morirono ancora in fasce; e dei rimanenti, quattro furono quelli che proseguirono l’attività agricola: Virginio, nato nel 1926 e morto nel 2004; Giacomo, del ‘30; Paolino, del ‘31; Giuseppe, del ‘34. Ma va anche ricordata la figura di Orsola, classe ‘33, che ha rappresentato nel tempo, per la propria famiglia, un’essenziale figura di riferimento: fu lei a prendersi cura dei genitori, quando divennero anziani, così come aveva fatto per la nonna Oliva. Tutt’oggi, l’ordine che regna nell’ampia aia dell’antica corte è merito suo.I fratelli Andena lavoravano concordemente: agricoltori solidi, si mantennero umili, sentendosi sempre contadini e mai possidenti. Dei fratelli, Giacomo aveva il ruolo del “regiù”: era quello che andava al mercato, curava le pubbliche relazioni e badava ai bilanci economici; Paolino, pur amando la natura, cominciò gradualmente a staccarsi dall’ambiente agricolo. Giuseppe, papà del nostro Emilio, è stato invece un infaticabile lavoratore, che non si concedeva mai un giorno di riposo. Sua moglie, Rosanna Petrali, originaria del Tormo di Crespiatica, essendo a propria volta figlia di agricoltori, sapeva che dissuaderlo da quella fatica sarebbe stata un’impresa inutile, e lo ha assecondato in ogni modo nel lavoro.Con orgoglio, Giuseppe ha sempre detto che, appena tredicenne, i suoi fratelli più grandi gli avevano assegnato il ruolo di capo mungitore. E nella formazione del figlio Emilio ha avuto un ruolo fondamentale: con l’esempio, la costanza, l’umiltà.
La lezione degli avi Giuseppe Andena e sua moglie Rosanna ebbero, appunto, tre figli: il primogenito Davide, nato nel 1962, il nostro Emilio, classe ‘64, e Giovanna, del ‘72; quest’ultima è infermiera, lavora presso l’Ospedale di Lodi, ed è sposata con Gianluca Gazzola. La coppia ha due figli: la tredicenne Elisa ed Andrea, che ha sette anni e comincia a rivelare il dna dell’agricoltore: egli è spesso in cascina e i trattori sono la sua passione. Davide ed Emilio divennero agricoltori. I due fratelli vivevano come appreso dall’insegnamento degli avi: collaborando e volendosi bene. Ma anche queste nuove generazioni dovevano avere la loro dose di dolore, e qui non vi fu grazia divina che potesse risparmiali: nel 2005 a Davide fu diagnosticato un cancro del pancreas. Fu una terribile mazzata. Anche l’azienda agricola risentì di questo terribile disagio. In quegli anni erano stati compiuti sforzi d’innovazione e di accrescimento: era stata realizzata la stalla all’aperto, il numero delle bovine era arrivato a sessanta capi in lattazione e altrettanti per la rimonta, ed era stato acquistato un robot per la mungitura. Ma in quel momento, davanti a quella tragedia, diveniva fondamentale tentare di vincere un’impresa che appariva, purtroppo, impossibile: i fratelli Andena decisero così di vendere le bovine. Nel giro di un anno la malattia si divorò Davide, la cui passione per l’agricoltura era intensa quanto il suo senso della vita: aveva infatti tanti interessi, dalla guida dei veicoli ultraleggeri, alle competenze sui vini tanto da aver conseguito il titolo di sommelier. Il 14 dicembre 2006 Davide moriva. Il fratello Emilio vacillò, perché il dolore può essere immaginato, ma lo si conosce per davvero solo quando s’annida nel profondo del proprio cuore. Poi la vita e gli affetti richiamano all’ordine delle cose.
Vocazione cerealicola Oggi l’azienda agricola mantiene una vocazione cerealicola: si coltiva il mais, oltre ad avere prati stabili e fieno. La produzione viene destinata ad agricoltori della zona. Di recente è stato realizzato anche un impianto fotovoltaico sui tetti della stalla, adesso affittata ad un’altra azienda agricola, e perciò ripopolata di bestiame. Emilio Andena ha sposato Patrizia Benini, impiegata di banca, e originaria di Crespiatica. La coppia ha una figlia, Paola, che frequenta il liceo classico Verri di Lodi, e che rivela un forte interesse per la cultura dell’antica Grecia.Le attività agricole lasciano ad Emilio il giusto tempo per coltivare alcune passioni: partendo da un vetusto VIC20 della Commodor, cioè un antesignano dei computer, egli si è coinvolto nelle conoscenze informatiche; ha realizzato così un proprio blog, ovviamente a tema agricolo, dove scrive, suggerisce e stimola sulla cura degli orti. Questa pagina telematica (basta digitare cascina Scovazza sul motore di ricerca per individuarla), ha già avuto oltre ventimila visitatori e, in una speciale classifica nazionale di settore, occupa la decima piazza, posizione di grande prestigio.Una bella soddisfazione, e non solo per il nostro Emilio, ma per tutti i lodigiani che amano gli orti e la campagna: perché, come dice Emilio, gli Andena, pur abitando in una terra di confine, e pur essendo per qualche metro inevitabilmente inseriti nella provincia cremonese, si sentono fortemente lodigiani. Questione di cuore. O, più semplicemente, di zolle.
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