Ester ha ventinove anni e passeggia per la strada con il suo pancione e una salopette blu. Ha l’aria allegra, di chi è riuscito a trovare ciò che cercava. E ne ha tutte le ragioni: partita dall’Ecuador con la sorella, senza un soldo in tasca e solo con un paio di amiche a garantir loro un tetto sulla testa, Ester oggi è sposata con un italiano, è contenta della sua vita e soprattutto è convinta di aver preso le decisioni giuste. La nostra protagonista crede nel potere della convinzione, nel successo che assecondare i propri desideri e le proprie inclinazioni garantisce. Ester ce l’ha fatta, e tornerà – l’ha promesso – ogni anno a casa in Ecuador, per ritrovare nelle proprie origini se stessa e i propri sogni.
Complimenti, che bel pancione. Manca poco?
«Pochissimo: un mese soltanto. Sto facendo il conto alla rovescia».
Maschio o femmina?
«Abbiamo preferito non saperlo. Sarà una sorpresa. O, meglio, ho preferito non saperlo. Mio marito infatti non è molto convinto, visto che ci siamo ritrovati con i corredini gialli, arancioni e verdi, nell’incertezza di quel che sarà. Anche la sua famiglia voleva saperlo, per “prepararsi”. Ma a noi sudamericani le sorprese piacciano: perché sapere sempre tutto prima? Che senso ha?».
Tuo marito è italiano?
«Sì, italianissimo. Mi diceva che per voi è normale verso il quinto mese conoscere il sesso del bambino».
Vero.
«Ma in questo modo ci si priva della magia del momento, quando l’ostetrica dice: “È un bel maschietto” o “È una bella bimba”. Beh, ormai manca poco e ho vinto io».
Di dove sei?
«Ecuador».
Scusa, sai, io ho iniziato a chiacchierare, ma in realtà se sei d’accordo vorrei conoscere la tua storia per scriverla sul Cittadino. Che ne dici?
«Dico che l’idea mi piace. Ma cosa dovrei raccontarti?».
La tua vita, i motivi che ti hanno portata qui.
«Sono arrivata con mia sorella, circa dieci anni fa. Ero una ragazzina, avevo diciannove anni. Mia sorella invece venticinque. Io sono la minore in famiglia, lei la maggiore».
Quanti altri fratelli avete?
«Due, entrambi maschi. Vivono tuttora in Ecuador con le loro mogli. Lavorano al porto: caricano e scaricano i mercantili. Un lavoro durissimo, che però gli ha consentito di mettere su famiglia e restare in patria. Per me e mia sorella non è stato così. Più per mia sorella che per me, a dire il vero».
In che senso?
«Nel senso che mia sorella ha fatto per anni i cosiddetti lavori saltuari: babysitter, donna delle pulizie, cameriera, ha anche lavorato a una pompa di benzina. Tutto per quattro, sei mesi al massimo. La retribuzione era penosa e la continua ricerca di un lavoro, che andasse a sostituire quello perso, straziante».
Perché tanti cambiamenti?
«Non per sua mancanza di volontà o incapacità, credimi. Ha fatto la babysitter finché la mamma dei bambini che seguiva ha deciso di restare a casa dal lavoro, la donna delle pulizie per una famiglia di anziani che poi si è trasferita dalla figlia, la cameriera con un contratto stagionale. Sai come vanno queste cose, no?».
Succede anche qui.
«Lo so, lo so. Mia sorella non ce la faceva più, e alla fine non ha fatto altro che aspettarmi – intendo dire aspettare che mi diplomassi – e convincermi a partire. Io in Ecuador ho lavorato pochissimo, ma credimi se ti dico che all’idea di emigrare in Italia ero galvanizzata».
Cosa speravate di trovare qui in Italia?
«Un lavoro semplice e ben pagato, uno qualsiasi. E poi il confronto con la cultura locale, un po’ di “conoscenza”, come si suol dire. Invece è arrivato molto più di quanto ci aspettassimo, per entrambe».
Ossia? Raccontaci.
«Vado con ordine. Al nostro arrivo, organizzato nei minimi dettagli perché mia sorella è una maniaca, ci vengono a prendere due conoscenti di mia sorella, amiche di vecchia data. Fanno entrambe le badanti in orario notturno, e abitano in un appartamento che ogni notte resta vuoto, ovviamente. L’abbiamo sfruttato al massimo, vivendo in quattro con due letti e un paio di sacchi a pelo per le situazioni di emergenza. Pagavamo una cifra ridicola. Dovevamo adattarci, giusto per iniziare ad ambientarci: “Quando avremo un lavoro, tutto sarà diverso”, mi ripeteva mia sorella. Io a dire il vero mi sentivo un po’ giù, visto che in Ecuador avevo una stanza tutta mia, qui manco un letto, ma avevo la sensazione che questo Paese facesse al caso mio».
Perché?
«Per l’atmosfera, perché mi piacciono le città, le vie curate, i parchi, tutto. Ho girato l’Italia abbastanza da poter dire che è un bel posto in cui vivere. Comunque, tornando a noi, la casa ce l’avevamo, anche se in condizioni un po’ precarie. Ci restava la questione lavoro, impresa ben più ardua».
Quanto tempo vi ci è voluto?
«A mia sorella un paio di mesi, poi è ufficialmente diventata badante. Io sostituivo lei e le altre due ragazze, ma quel lavoro non faceva al caso mio, nossignore».
Perché?
«Mi rende triste. Io amo uscire, la gente, la musica, la festa, insomma, la vita. Quando ho detto queste esatte parole a mia sorella mi ha risposto: “Allora prova in qualche bar, magari cercano una cameriera. Anche se non guadagni abbastanza, ti aiuto io. Ester, non c’è problema”. È da quando siamo piccole che mi ripete: “Ester, non c’è problema”. Ed è da quando siamo piccole che ha ragione. Alla fine ho trovato, proprio come cameriera, a un passo da casa. E adesso il titolare è mio marito».
Scherzi?
«No, è andata proprio così. Questo mi ha convinta che guardarsi dentro, decidere e seguire la propria strada sia sempre la cosa più giusta. Ovviamente all’inizio c’è stata mia sorella ad aiutarmi, ma adesso sono io che posso aiutare lei».
Tua sorella fa sempre la badante?
«Sì, ma per un’altra signora. E io faccio sempre la cameriera. Ovviamente non in questo periodo, visto che sono in maternità».
Ti sei sposata in Italia o in Ecuador?
«Abbiamo fatto il rito civile in Italia, mentre il rito religioso in Ecuador. Sempre in ambito bianco, sempre con una grande festa. Praticamente ho festeggiato due matrimoni in due settimane soltanto. Bellissimo. Ora non vedo l’ora che nasca il nostro bambino (o bambina, chi lo sa?) e poi ce ne andiamo tutti per tre settimane a casa mia. Già pregusto il momento».
Dalle tue parole sembra che ti abbia portata qui il vento, per non dire il destino.
«Come ti accennavo, io sono convinta che chi segue i propri desideri, chi ha il coraggio di assecondarli, trova un sorriso in cielo. Nel mio caso è andata così».
Resterai a vivere in Italia?
«Certo, per sempre. Ma ho giurato a me stessa che finché le gambe ce la faranno ogni anno tornerò in Ecuador per riabbracciare la mia famiglia e ricordare chi sono».
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