Cercasi chirurgo che affronti il problema

La cosa che più irrita è scambiare certe informazioni per fatti ineluttabili: il sole tramonta, in primavera fioriscono le piante, dalla Basilicata si viaggia in direzione Veneto per curarsi un’allergia. Ci sono insomma fenomeni che si raccontano come impossibili da cambiare, come fatti di cui prendere atto. Niente di più?Il “turismo” sanitario. Un italiano si può curare ovunque vuole, all’interno del sistema sanitario pubblico. Che è regionale, quindi contabilizzato Regione per Regione, con “saldi interni” che regolano le prestazioni erogate. E così risulta che esiste sì una “emigrazione” tra Regioni confinanti che ha molte spiegazioni logiche (la sanità laziale è certamente più sofisticata di quella molisana; Piacenza è più vicina Milano che a Bologna, ecc.), ma esiste – e da anni – pure una transumanza tra Regioni assai distanti tra loro, che ha un’unica spiegazione: la qualità dei servizi sanitari. E così Lombardia, Emilia Romagna e Veneto sono, nell’ordine, le Regioni-mete di chi vuole curarsi adeguatamente; a fuggire sono, nell’ordine, i pazienti di Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Quattro territori del Mezzogiorno: eppure non mancano gli ospedali, né i medici, né le facoltà di Medicina.Sempre rimanendo in tema, l’esame di ammissione ai corsi di Medicina è a numero chiuso, con “premio” per chi ottiene i voti più alti: può scegliere la facoltà che ha indicato. Funziona così: i più bravi si accaparrano i posti disponibili nelle facoltà di Milano, Padova, Verona… Quindi si scende: Firenze, Chieti, Salerno… I voti più bassi si “contendono” il Sud e le isole. Spiegabile se l’aspirante medico è di Sondrio o Trieste, ma i siciliani e i pugliesi perché corrono a studiare al Nord?E sempre rimanendo in ambito universitario, “Il Sole 24 Ore” certifica che “al Sud abitano 4 diciottenni su 10, ma le matricole universitarie sono il 36% in meno: a Roma e al Nord studia più di un terzo dei giovani di Calabria, Puglia e Abruzzo e più di un quarto dei siciliani (solo la Campania ha numeri più leggeri), mentre nessun veneto, lombardo o piemontese si immatricola al Sud”. Ingiustizia enorme: lo studente meridionale deve fare centinaia di chilometri per studiare degnamente, sobbarcandosi le inevitabili spese; quello settentrionale si immatricola al 99,1% in zona (lo zero virgola riguarda studenti di Medicina in trasferta “obbligata”, con inevitabili risentimenti verso i “colleghi” meridionali che hanno “preso il loro posto” vicino a casa).Due servizi fondamentali per una comunità: sanità e istruzione avanzata. Due diritti negati in certe regioni italiane, visti i numeri. Che appunto sono “accettati” come la neve a gennaio: un fatto “normale” che certe università siano scadenti (le classifiche di qualità redatte appunto dal giornale confindustriale premiano, in tutto il Mezzogiorno, solo il Politecnico di Bari e l’Università calabrese di Arcavacata); un fatto inevitabile che ci si faccia operare a Milano, Bologna piuttosto che a Padova. Ma non nell’ospedale a venti chilometri da casa, se la residenza sta a sud di Roma.Questi sono problemi risolvibili, non tumori maligni e inestirpabili. È per queste neoplasie sociali ed economiche che il Mezzogiorno sta arrancando. Cercasi chirurgo che affronti finalmente il problema dei problemi.

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