Melegnano, dipendente pubblica non vaccinata restò 3 mesi a casa: perde il ricorso e deve fare appello

Depositato al giudice un verbale “desecretato” del Cts: «Non evita i contagi»

Aveva chiesto al giudice del lavoro di Lodi di dichiarare illegittima la sua sospensione, per tre mesi, nel 2021 dal suo posto di dipendente pubblica, che era stata disposta perché non si era sottoposta alla vaccinazione contro il Covid. A sostegno delle sue rivendicazioni, di essere reintegrata ex post e quindi di ricevere gli stipendi che non le erano stati accreditati dal Comune per cui lavora, la donna aveva anche allegato nel suo primo ricorso una certificazione medica che attestava alcune patologie a seguito delle quali avrebbe corso un maggior rischio di reazioni avverse al vaccino.

Ma il tribunale lodigiano non le aveva dato ragione, confermando invece la legittimità della sospensione. La lavoratrice, assistita dall’avvocato Pier Luigi Fettolini di San Giuliano Milanese, ha deciso quindi di ricorrere in appello, allegando anche uno dei verbali del Comitato tecnico scientifico, che erano stati desecretati. È quello della riunione del 29 marzo 2021 presso il Dipartimento della protezione civile, in cui tra l’altro erano state stabilite le linee guida per poter consentire lo svolgimento dei concorsi pubblici. Il Cts prende atto che la proposta del Dipartimento della funzione pubblica era di richiedere ai concorrenti di presentare un referto di test antigenico rapido o molecolare eseguito non più di 48 ore prima, e di non esentare da questi test neppure i soggetti in possesso di certificato di avvenuta vaccinazione per il Covid-19: «Ritiene infatti il Cts che allo stato delle conoscenze scientifiche attuali che non consentono di escludere la capacità di contagio nei soggetti vaccinati, pur asintomatici, il principio di precauzione imponga di dare prevalenza alle esigenze di prevenzione del rischio». L’avvocato ha anche allegato al ricorso una comunicazione di pochi giorni fa del presidente dell’Ordine dei medici di Bari Filippo Anelli, che nell’esprimere il cordoglio per la morte di Vito Procacci, il primario ospedaliero che fu sanzionato con 27mila euro per aver lavorato troppo nel pieno dell’emergenza pandemica, segnala un “moltiplicarsi di morti improvvise che colpiscono la nostra categoria. Il timore diffuso tra i colleghi è che lo stress e i ritmi di lavoro insostenibili possano impattare negativamente sulla salute dei medici ed essere tra le concause della morte di alcuni medici”. Procacci, 65 anni, è stato stroncato da un malore mentre era in vacanza in Salento, mentre faceva il bagno di notte. Dopo cena.

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