VILLANOVA Lunedì il confronto tra l’indiziato dell’omicidio e i due testimoni

IL DELITTO NEI CAMPI L’autopsia conferma il loro racconto: il 21enne colpito con una fucilata

Una solo colpo da fucile da caccia, in pieno petto e a pochi metri di distanza: così, dalle prime indicazioni dell’autopsia eseguita ieri al Dipartimento di medicina legale di Pavia su istanza della Procura di Lodi, è morto tra giovedì 26 e venerdì 27 giugno Mohamed Raju Kaoucheb, il marocchino di 21 anni ritrovato poi il sabato successivo da un parente arrivato dall’Abruzzo e due amici all’angolo del campo di mais che segna il confine tra Villanova Sillaro e Pieve Fissiraga, separato dalla provinciale 188 da una roggia che bisogna scavalcare con precari ponticelli e poco distante dalla strada bianca per il complesso abbandonato di cascina Mongiardino. A mettere i tre sulla strada giusta, un giro di telefonate arrivate alla madre di Kaoucheb in Marocco. I carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Lodi, dopo aver interrogato i tre, nel giro di poche ore già il giorno dopo il ritrovamento sono arrivati a due supertestimoni, marocchini, inseriti nell’ambiente dello spaccio nei campi, che, senza contraddirsi tra loro, hanno raccontato al pm Martina Parisi che il 21enne avrebbe avuto a disposizione un’arma da fuoco, a loro dire una mitraglietta, e che il 24enne E.M., marocchino domiciliato al Gratosoglio di Milano con la compagna incinta e attualmente in carcere indiziato dell’omicidio pluriaggravato, è arrivato in auto, è entrato a piedi nel campo e gli ha sparato con un fucile. L’autopsia così dà una prima conferma alle testimonianze. Se la vittima avesse davvero in mano un’arma da fuoco, con la quale poco prima i testimoni dicono avrebbe anche sparato a scopo intimidatorio, lo dirà il tampone sulle mani eseguito durante l’esame di medicina legale. Cui non hanno partecipato né consulenti della difesa, né dei parenti della vittima. Lunedì i due supertestimoni saranno interrogati da Pm e Gip nell'incidente probatorio e forse ci sarà anche l’avvocato Mario Del Pretaro dell’Aquila che assiste la famiglia di Kaoucheb, oltre ai difensori dell’indiziato, che peraltro è cugino della vittima e dice di non ricordarsi il proprio numero di cellulare e sostiene che nelle ore del delitto non era neppure nel campo maledetto dove, quando il mais diventa alto, si vende la cocaina.

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