Tagli degli alberi alla Piarda Ferrari, arriva il “mea culpa” degli enti interessati

LODI L’impatto dell’intervento non era stato messo in conto da Parco e Comune, aula del Verri semideserta per il confronto

Su un punto sembrano essere tutti d’accordo, cittadini ed enti. E cioè che l’impatto dell’intervento non era stato messo in conto. Perché «non appena saputo dell’intervento abbiamo reso pubblica la notizia - chiarisce l’assessore all’Ambiente, Stefano Caserini - , ma nella relazione tecnica non c’era il rendering di quello che sarebbe diventata la Piarda Ferrari. Se avessi immaginato che si sarebbe rovinato così il sottobosco, avrei potuto organizzare una serata in via preventiva: ne abbiamo già tenute 15 sui temi del verde». La città si interroga su abbattimenti e ruspe in Piarda Ferrari, perché «operazione perfetta, paziente morto: non c’è più un bosco, ma il deserto del Sahara» ha detto il narratore Stefano Rotta.

Lunedì sera, nell’aula magna del Verri, semi-deserta per la verità, nell’incontro voluto da Parco Adda Sud e Comune di Lodi per spiegare come e perché si è messo mano al bosco in Piarda Ferrari. «Un incontro per raccontare quello che è successo e cosa si vuole fare da qui in poi per migliorare quest’area e renderla ancora più fruibile» ha esplicitato Caserini. Un intervento guidato «dai motivi di sicurezza di questo bosco, proscipiente la pista ciclabile, la strada e a un parco giochi - ha chiarito il presidente del Parco Adda Sud, Sergio Curti - e segnato da un pericolosità eccessiva che ci era stata anche segnalata dai vigili del fuoco. Si può fare sempre meglio e ne prendiamo atto, ma siamo convinti che lasceremo ai prossimi fruitori, di una generazione dopo di noi, un’area boschiva, perché l’intenzione sin dall’inizio è stata quella di ricreare il bosco su cui siamo intervenuti». Lo stesso Curti ha fatto però mea culpa sulla comunicazione perché «non ho individuato correttamente gli stakeholder interessati all’area e ho peccato non rivolgendomi ad una platea più vasta». Il bosco però non è morto, ha chiarito Nicola Gallinaro, agronomo e dottore forestale che ha firmato la relazione tecnica.

«La prima idea era quella di un intervento leggero, ma subito mi sono reso conto di quanto fosse critica la situazione - ha ribadito ieri - : intervenire su alcuni esemplari, avrebbe reso più esposti gli altri non toccati dagli interventi in un pioppeto arrivato a senescenza e afflitto da problemi di marciume basali. È stata una scelta ponderata, anche se temporaneamente invasiva, per eliminare i fattori di rischio».

L’agronomo ha spiegato che il “paziente bosco” non è morto, anche se «ha preso una botta in testa» e «ha subito un trauma». La «rigenerazione è assicurata», con le nuove piantumazioni in arrivo, e la colonizzazione è attesa già nel giro di un paio di stagioni, «con tempi di crescita progressivi e inesorabili». Diversi gli interventi dalla platea - dove era seduto il sindaco di Lodi, Andrea Furegato - , anche più in generale sulla gestione del verde, con pungolature diverse arrivate da Michela Sfondrini e Andrea Poggio di Legambiente, o dai consiglieri comunali Gianmario Invernizzi e Ivano Mariconti e dallo stesso Rotta, che anche chiesto come mai «se il bosco era insicuro, sono stati organizzati eventi».

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