LODI Dopo Bancopoli restano le tasse: la moglie di Fiorani deve pagare di più

La Cassazione dice l’ultima parola su un conto estero “non dichiarato” nel 2006

La moglie dell’ex banchiere di Lodi Gianpiero Fiorani aveva già trovato un accordo nel 2009 con l’Agenzia delle entrate per saldare con 83mila euro la tassazione arretrata su somme di cui aveva la disponibilità all'estero, ma era rimasta in sospeso la questione di un conto cointestato in una banca del Principato di Monaco, denominato Chopin, che nel 2006 aveva una giacenza (per il 50% oggetto di contestazione) di 600mila euro e che secondo gli investigatori del ministero delle Finanze era sempre stato sottratto alla tassazione. Ed era rimasto fuori anche dal perimetro dello “scudo fiscale” che nel 2009 aveva permesso a diversi italiani di regolarizzate attività finanziarie e patrimoniali illegalmente detenute all’estero fino al 31 dicembre 2008, pagando il 5 per cento di imposte e con l’obbligo di far rientrare i capitali in Italia. Uno “scudo” che per la 61enne lodigiana valeva 6,4 milioni di euro.

Il contenzioso si è trascinato fino alla corte di Cassazione che ora ha rigettato il ricorso presentato nel lontano 2015 dall’avvocato della moglie di Fiorani e l’ha anche condannata a pagare 10mila euro di spese legali all’Agenzia delle entrate. La questione è inevitabilmente complessa e inizia nel 2010 quando l’Agenzia delle entrate chiede alla moglie di Fiorani di compilare entro 15 giorni un modulo in cui devono essere indicati proprietà, possesso o disponibilità di beni, servizi, e disponibilità finanziarie all’estero, dal 2004 al 2008 compresi. La contribuente fornisce l’elenco, precisando che ancora a inizio 2010, quando era arrivato il questionario, “tutte le relazioni bancarie estere erano sotto sequestro penale”, e quindi non potevano venire incrementate, ma alla fine dello stesso 2010 la Finanza contesta ulteriori disponibilità non dichiarate.

E così nel 2011 viene chiesto alla moglie dell’ex banchiere di rispondere per quei 601mila euro in Costa Azzurra. Segue quindi una serie di ricorsi tributari nei quali, invocando un accordo del 1866 tra Italia e Principato, viene eccepita l’inutilizzabilità a fini fiscali di documenti trasmessi da Monaco nell’ambito di rogatorie internazionali. Questione che la Suprema corte ritiene però superata definitivamente con un decreto del 2010. Il ricorso che si è definito riguarda solo i redditi e le disponibilità del lontano 2006.

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