L’era del Cavaliere tra luci e ombre:
analisi e giudizi del mondo politico

«Silvio Berlusconi è stato il primo interprete della tradizione populista del Paese». Gianni Piatti , eletto al Senato nel gruppo di Sinistra democratica-Ulivo, nell’aprile del ’96, riconosce al Cavaliere, nonostante le «arcinote distanze politiche, la capacità di aggregare il centrodestra. È stato il primo interprete della vocazione populista - commenta -. Firmò il contratto con il popolo italiano in Tv, da Vespa. Poi il populismo si è rivelato per lui anche una prigione. Dal punto di vista programmatico non mi sembra ci siano stati grossi successi. Berlusconi però lasciò un segno, la politica prima era tortuosa, lui ha portato un atteggiamento più diretto e semplificato con aspetti positivi e negativi, come i temi non trattati: mi riferisco al rapporto Nord Sud, quello tra città e periferie non urbanizzate, il tema della mobilità, con lo stretto di Messina. È stato molto immagine. In tema di lavoro ricordo il suo tentativo di bypassare il rapporto con il sindacato, struttura portante della democrazia di un paese. Pensiamo oggi alla proposta del governo Meloni di riforma del lavoro fatta il primo maggio, senza coinvolgere il sindacato. È un atteggiamento figlio di quella cultura». Per Duccio Castellotti , deputato della Dc, eletto nel 1992, «non è il momento per parlare. Berlusconi però ha lasciato un segno profondo nella storia del paese». Secondo Antonio Redondi , consigliere provinciale di Milano per tre mandati e presidente Dc del Consorzio del Lodigiano «dopo Mani pulite, Berlusconi è stato capace di creare una forza politica nuova. Ho un grande rispetto - dice - per il lavoro politico che ha svolto». «Nel ’94 - aggiunge Oreste Lodigiani , segretario del Psi milanese, vice presidente di Regione Lombardia e deputato per due legislature - ha avuto il merito di non consegnare il paese a una cultura illiberale. Tra luci e ombre il mio parere è comunque positivo. Avrebbe potuto dare il meglio di sé nella politica estera, ma nei momenti decisivi è sempre stato tradito dagli alleati che aveva con sé : Lega, ex fascisti e democristiani inaffidabili». Lodigiani ha il ricordo personale di quando, nel 1981, era sul palco a San Fruttuoso di Monza e Berlusconi sotto. «Dovevo inaugurare il primo cantiere di case in edilizia convenzionata - ricorda -. Berlusconi era lì come imprenditore. Fui sorpreso dalla velocità e competenza con cui realizzò il complesso di 30 appartamenti». Ferruccio Pallavera , già direttore del «Cittadino», ex sindaco Dc di Cavenago e componente del consiglio direttivo del Consorzio del Lodigiano, ricorda quando Berlusconi venne a Lodi per la campagna elettorale di Italo Minojetti e per la posa della prima pietra del ponte strallato tra San Rocco e Piacenza: «Era una persona dotata di un carisma eccezionale - dice -, ho solo una lieve punta di amarezza. Avevo l’aspirazione di pubblicare a fascicoli con «il Cittadino» l’opera omnia di Ada Negri. Erano scaduti i diritti d’autore. Gli ultimi libri erano stati pubblicati postumi da Mondadori. Lui, presidente del Consiglio, improvvisamente fece una legge di governo che allungò i tempi dei diritti d’autore». Giuseppe Carlin , ex sindaco di Sant’Angelo di Forza Italia è convinto: «Berlusconi era il faro, ma intorno a lui c’era troppa gente che viveva di luce riflessa per interessi personali. Per questo mi sono allontanato da Forza Italia poi. Ricordo una convention, quando ero sindaco. A un tavolo eravamo in 1500. Mi fermò e mi disse: “Allora sindaco, a Sant’Angelo come va?”. Era il 2004, aveva una memoria incredibile, riconosceva tutti. In politica, dopo Bettino Craxi, è stato il più grande».

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