I tre “furbetti del cartellino” hanno risarcito lo Stato

Nel 2016 si sarebbero assentati dall’ufficio per 59 ore in tutto: dopo otto anni arriva la sentenza contabile

Si è chiusa definitivamente, a poco meno di 8 anni dagli episodi contestati, la vicenda giudiziaria dei tre “furbetti del cartellino” in cancelleria al Giudice di pace di Lodi. È stata pronunciata infatti in questi giorni dalla sezione giurisdizionale per la Lombardia della Corte dei conti la sentenza, per rito abbreviato, che ha condannato i tre dipendenti pubblici a risarcire allo Stato in totale 4.200 euro, tra danno patrimoniale e d’immagine. I lavoratori si erano sempre difesi sostenendo che si trattava di una gestione «elastica» e in autonomia degli orari, che non incideva sulla produttività e che compensava anche incombenze “extra” quali la necessità di recuperare atti rimasti giacenti negli archivi della sede dismessa del Giudice di pace di Codogno, ma per evitare un lungo processo, nel 2017 avevano preferito tutti patteggiare in sede penale tra i 20 e i 22 mesi, con sospensione condizionale. Due di loro, A.M., dipendente del ministero della Giustizia, e A.D., dipendente (in distacco) del Comune di Terranova Passerini, erano stati anche licenziati, mentre un terzo, F.P., dipendente (anche lui in distacco presso l’amministrazione giudiziaria) del Comune di Mulazzano aveva mantenuto il posto nel pubblico impiego dato che si era ritenuta sproporzionata la sanzione del licenziamento rispetto ai fatti. Il lavoratore risulta tra l’altro aver recuperato tutte le 19 ore asseritamente “non lavorate”. I carabinieri avevano messo sotto controllo le presenze in via San Fereolo dal 30 agosto al 2 dicembre del 2016, con microtelecamere, “positioning” dei telefoni cellulari e pedinamenti. Evidenziando abitudini scorrette: ad esempio capitava che tra i tre indagati, due, quando arrivavano per primi in ufficio, timbravano anche i badge degli altri, e che uno dei tre, in uscita, spesso timbrava il “fine servizio” anche per chi se n’era già andato prima dell’orario previsto. Documentate anche uscite temporanee dall’ufficio, ad esempio per fare la spesa, non registrate come pause usando i badge. In tutto 59 ore di lavoro (in parte però anche già recuperate) pagate dallo Stato ma secondo l’accusa mai effettuate, per un costo per il ministero stimato dalla magistratura contabile in 804 euro totali. Di ulteriori 14mila euro invece il “conto” per il danno d’immagine, importi che, tra risarcimenti già effettuati dai lavoratori e il beneficio della riduzione al 30% per il rito abbreviato contabile, la sentenza ha ridotto. Gli importi sono già stati pagati.

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