
(Foto di Ribolini)
IL GIALLO DI PIAZZA OMEGNA Due mesi e mezzo dopo, si attendono altre analisi
«Chi sa, è ora che parli»: è il messaggio che arriva dalla Procura di Lodi a due mesi e mezzo dall'omicidio di Roberto Bolzoni, il 60enne trovato morto al posto di guida della sua Volkswgen Golf alle 13 di martedì 18 febbraio in piazza Omegna. Anche per i tempi molto più lunghi del previsto che si stanno rendendo necessari per acquisire le prove scientifiche, l’indagine che sembrava essere arrivata a un punto fermo il 23 febbraio, con l’incarcerazione come “indiziati di delitto” di Roberto Zuccotti, 48 anni, di Crespiatica, e del suo nipote Andrea Gianì, 28, di Lodi, appare ancora come un puzzle non solo da comporre, ma anche mancante di diversi pezzi.
A partire dal movente, che per i due fermati, compagni di giocate da poche decine di euro alla Snai di via Villani, e, sembra, solo da pochi mesi, è al momento solo un’ipotesi investigativa. Zuccotti, che sta scontando una condanna per un reato contro il patrimonio, non nel Lodigiano, tace, Gianì dice che Bolzoni la domenica pomeriggio prima di venire accoltellato l’aveva portato in auto a casa in via Precacesa, e con lo zio, e poi non lo aveva più visto. Voci raccolte dai parenti del 28enne dicono che Bolzoni girava con il portafogli pieno di banconote, ma anche che aveva un debito, di migliaia di euro, con qualcuno. Forse un personaggio che presta denaro a chi si fa prendere la mano dal gioco. E c’è l’altra voce di una lite tra Bolzoni, che era un buono per i suoi parenti ma che secondo altri ogni tanto aveva i suoi 5 minuti , e persone «nordafricane o sudamericane», sempre in via Villani. Sulle scarpe dei due fermati c’erano tracce di sangue, e questo resta un indizio pesante. Così come il ritrovamento, la settimana dopo il fermo, del telefonino Iphone e del portafogli senza soldi di Bolzoni in un ceppo d’albero marcio in via Precacesa. I carabinieri del Nucleo investigativo di Lodi dopo i fermi sono sempre apparsi sicuri e hanno continuato a indagare, l’ambito familiare è stato sondato ed escluso, partendo da un delitto che per le modalità, 35 coltellate a viso, collo e torace inflitte con una lama piccola, è per i criminologi di tipo “passionale”, cioè non l’assassinio di un freddo killer. Il silenzio del 48enne è una lecita strategia difensiva, per evitare di svelare particolari che potrebbero diventare aggravanti, cioè ergastolo sicuro, o è dettato da paura di qualcuno? Nelle scorse ore sono state depositate le immagini delle telecamere del condominio in cui abita Gianì, per altre invece ci potrebbe essere stata la sovrascrittura di filmati dei giorni successivi. E intanto i due rimangono in cella.
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