Lettere al Direttore / SudMilano
Lunedì 03 Novembre 2025
MELEGNANO «Dopo i tigli perché non abbattere anche il castello?»
La lettera di Giovanni Maria Incorpora
Alea iacta est. Avranno pensato così, in maniera del tutto simile a quella di Giulio Cesare, ma forse meno autorevole, colui e coloro che hanno deciso e fatto eseguire il taglio dei tigli a Melegnano. Dopo una lunga controversia, finalmente, all’alba di un mattino vicina alla giornata dei defunti, (quando il caso ci si mette, riesce proprio bene) una scure ha inferto il primo colpo sulla corteccia del vetusto tiglio di Piazza delle Associazioni. Una scure? Oh no! C’è voluto ben altro per abbattere i tredici monumentali tigli di quella piazza. Infatti motoseghe e trattori taglia-alberi hanno fatto il loro dovere: han reciso in poche ore tronchi e rami di quei vecchi, vecchi? Tigli. Non le parti basse ed ovviamente le radici che, nei meandri d’un ampio terreno, resisteranno il più a lungo possibile. Nei silenzi imperscrutabili dei bui terreni, avranno un bel da fare a marcire. Son rimasti i monconi, a futura memoria? No, probabilmente anch’essi saranno tolti.
Una piazza degna di questo nome sorgerà al loro posto, con giovani virgulti (di quale specie?) che, a ben pensare, nella migliore delle ipotesi, impiegheranno lustri o decenni per imitare i loro casuali antenati, oramai defunti tigli.
E d’altronde Melegnano, già circondata da autostrada, strade ad importante densità di flusso, rete ferroviaria ad alta velocità, data base centers, produzione di energia elettrica, smog, nebbia e quant’altro, aveva proprio bisogno di ulteriore incremento di anidride carbonica (per chi non lo ricordasse, gli organismi autotrofi – e i tigli lo sono – utilizzano l’anidride carbonica assorbita assieme all’acqua e all’energia solare per produrre ossigeno.)
Quando negli anni sessanta Francesco Messina, uno dei nostri più grandi scultori del novecento (è suo fra l’altro il cavallo morente della RAI), siciliano ma vissuto a Milano, scriveva la sua silloge poetica “I tigli del parco” con prefazione di Quasimodo, osservava certamente da casa sua, fra olmi e cedri e querce, soprattutto i giganteschi tigli del Parco Sempione, retrostanti il Castello Sforzesco. Credo fossero simili a quelli, in età e specie, abbattuti a Melegnano. Riflessione “politica”: resta, d’antico, qui a Melegnano, ancora il Castello Mediceo. Ma perché non abbatterlo? Ne verrebbe fuori un piazzale di ampiezza non trascurabile, e poi tutto da rifare, per un nuovo, esaltante futuro!
Se fossi nell’Amministrazione della città, ci farei un pensierino.
Giovanni Maria Incorpora
Melegnano
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