La violenza contro le donne ha infettato i nostri sentimenti

Torniamo a onorare l'altra metà del cielo

È davvero difficile dire qualcosa sull’omicidio di Giulia Cecchettin da parte del ex fidanzato Filippo: la crudeltà dell’accaduto toglie il fiato, ferisce il cuore, disorienta la mente e ci lascia imprigionati in una dimensione di insensatezza e di follia che pare annebbiare ed offuscare tutto. Eppure una parola è necessaria, non tanto per comprendere o spiegare (sarà mai possibile spiegare certi atti?) ma per far uscire il dramma dalla passionalità animale e tentare di ricondurlo in quel campo del logos che fa di noi essere umani e pensanti.Una cosa, forse più di tutti, disorienta dell’ultimo femminicidio (ad oggi sono più di cento nel 2023, quasi uno ogni tre giorni): la violenza non nasce da un contesto sociale povero e degradato, non è stata compiuta da una persona rozza, poco istruita, cresciuta in un contesto familiare ed umano disagiato o problematico. È proprio la normalità delle vite di Giulia e di Filippo che colpisce, il loro essere giovani come tutti gli altri, con nessun apparente tratto anomalo o disfunzionale. Nessuna malattia, nessun passato tragico (quanto meno noto), nessuna caratteristica che avrebbe potuto in qualche modo attenuare la gravità di quanto successo. Giulia e Filippo sono due giovani normali, come tanti nei nostri paesi e nelle nostre città: gli studi, l’università, gli amici, lo sport, tutto secondo copione. È proprio questa apparente banalità che sconvolge, che toglie la parola ed il fiato, che ci priva di appigli e di ragioni, perché essa sta lì a testimoniare quanto una certa mentalità maschilista sia penetrata nel profondo dell’esperienza sociale ed abbia pervaso un sentire che non appartiene ad una fascia marginale e problematica ma abita tutti noi membri di questa comunità civile e nazionale.

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