Insegniamo ai nostri giovani l’affetto graduale e reciproco

Si sente frequentemente parlare di educazione affettiva delle giovani generazioni, spesso, ahimè, solo in coincidenza di episodi di violenza, di aggressione o di abusi, come se l’educazione affettiva fosse solo una strategia per prevenire casi del genere, per ridurre l’impatto sociale di istinti animali difficili da controllare o indirizzare. Spiace che, esaurito l’impatto emotivo della notizia, l’interesse si dissolva, forse in attesa del successivo fatto tragico. Chi ha a che fare con i giovani, genitori, insegnanti, educatori, volontari o sacerdoti, sa bene che educare a una affettività sana e matura è un processo lungo e quotidiano, che passa attraverso la capacità di orientare le esperienze piccole e banali della vita, quegli atteggiamenti e quelle posture spesso spontanee e inconsapevoli che però, un giorno alla volta, formano una mentalità, definiscono un modo strutturato di rapportarsi con gli altri o, come avremmo detto in altri tempi, creano il carattere di una persona. Lascio ad altri un’analisi più specialistica del tema ma a me pare, ripensando alla mia (povera) esperienza, che in fondo ogni relazione viva di due dinamiche, ugualmente vitali e necessarie, di due movimenti che animano il legame e che danno stabilità e futuro al rapporto: la reciprocità e la gradualità. La cosa singolare è che questi due termini o si tengono insieme o non si tengono: non si dà rapporto vivo che non sappia articolare insieme queste due polarità, in modo unico e indissolubile. Quando manca uno di questi poli il legame è destinato ad estinguersi. Vale, pur con modalità differente, per i rapporti amorosi, quelli amicali, quelli genitoriali o familiari o qualunque tonalità essi assumano. La gradualità è l’antidoto migliore contro quella voglia tutta umana di avere tutto subito, quella tentazione che ci fa pensare “o tutto o niente”. Siamo tutti portati, in qualche misura, ad usare una logica binaria, zerouno, buono-cattivo, si-no, dimenticandoci che ogni relazione è un viaggio in cui non bisogna mai confondere il punto di partenza con la meta.

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