Il gesto umile di tramandare dentro un’epoca che cambia

«Chi siamo oggi dipende in gran parte da chi siamo stati ieri»

Chiunque lavori con le giovani generazioni sperimenta tutti i giorni la fatica della “tradizione”, ossia di quell’arte faticosa e complessa che tenta di consegnare a chi abiterà domani il pianeta quel patrimonio di sapere, cultura e senso complessivo del vivere che le precedenti generazioni hanno con fatica elaborato.Tramandare non è un’operazione che limita la libertà del destinatario, né è un’azione mossa da presunzione o saccenza. È l’umile consapevolezza che non si riparte da zero e chi siamo oggi dipende in gran parte da chi siamo stati ieri: quel bagaglio di saperi e valori sono i mattoni con cui le nuove generazioni potranno, con libertà e responsabilità, costruire la casa in cui vorranno vivere. Eppure chi, genitore, insegnante, educatore, nonno, animatore o altro, lavora con i giovani ben conosce il travaglio che questa impresa comporta. Giustamente Papa Francesco ci ha ricordato che stiamo vivendo non un’epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca. Quanto questo è vero in ambito educativo! Nel nuovo paradigma giovanile, le parole, i pensieri, i significati consolidati e stratificati nel tempo paiono non fare più presa. Si percepisce come una sorta di incomunicabilità, di distanza, quasi che la nuova generazione abbia subìto una cesura profonda e irreparabile con la precedente. Si tratta di una sfida dura ed avvincente, faticosa ma estremamente stimolante: chi è giovane interpella il mondo adulto a “rendere ragione della propria speranza”, per usare una espressione di Pietro, sapendo andare al di là di facili stereotipi, comode stratificazioni culturali oggi non più comprensibili.

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