Cinico e post ideologico: “strano” elogio di Conte

L'editoriale del direttore del «Cittadino» Lorenzo Rinaldi

Giuseppe Conte, sconosciuto ai più ma non agli ambienti che contano, si è presentato nel 2018 come l’avvocato del popolo, alla guida di un governo che faceva del populismo e di provvedimenti bandiera la propria cifra distintiva. È passato indenne da un’alleanza con la Lega a un governo con il Partito democratico. Ha galleggiato durante l’esecutivo Draghi, senza mai nascondere la propria insofferenza. È oggi alla guida di un partito che, sebbene sia molto distaccato, contende a Fratelli d’Italia lo scettro di prima forza del Paese nonostante pochi mesi fa apparisse sulla via del tramonto. Non è tutto oro quel che luccica e la forza dei 5 Stelle e di Conte oggi è frutto anche della debolezza altrui (il riferimento al Pd e alla Lega è evidente), tuttavia occorre ammettere che l’avvocato pugliese in questi cinque anni di presenza sulla scena pubblica è apparso scaltro, cinico, efficace. E, nell’era della politica post ideologica, dove purtroppo contano solo i risultati sul breve periodo, Conte si è distinto.

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