Unicredit, addio all’idea Banco Bpm:
«Tracciato una linea sull’operazione»

RISIKO BANCARIO Il Ceo dell’istituto di piazza Gae Aulenti Orcel ha parlato ieri mattina

Martedì sera, quando Unicredit ha annunciato la decisione di ritirare l’Ops su Banco Bpm, non era chiaro cosa avrebbe fatto nel futuro prossimo: se il ritiro fosse definitivo o se si trattasse solo un “stop tecnico” in attesa di lanciare una nuova operazione di acquisizione su Banco Bpm, alla luce delle indicazioni del golden power (chiaramente non gradite ad Andrea Orcel) e con una diversa e maggiore gratificazione per gli azionisti dell’istituto di piazza Meda, magari andando oltre lo scambio carta contro carta.

Ieri mattina però, nel giorno in cui Unicredit ha presentato i dati del primo semestre - chiuso con un utile netto record di 6,1 miliardi di euro - le dichiarazioni del suo Ceo sono servite a sgombrare il campo e a far capire che il colosso di piazza Gae Aulenti molla la presa su Banco Bpm ma non archivia il piano di acquisizioni in Italia e in Europa, forte anche di una liquidità importante. «Penso che abbiamo tracciato una linea sull’operazione» di Banco Bpm, ha detto Andrea Orcel parlando a Class Cnbc. E ha aggiunto: «Ad essere sinceri, era diventata un peso per noi. Sentivamo di stare accelerando molto più di quanto dovessimo e il valore era cambiato. Ma soprattutto, data la situazione del golden power, non c’era altra strada da percorrere. E ad un certo punto, bisogna recuperare le perdite, eliminare gli ostacoli e concentrarsi su ciò che si controlla. Noi controlliamo il futuro in Italia e lo controlliamo nel gruppo».

Sull’altra sponda, ma sempre a Milano, martedì era convocato il consiglio di amministrazione di Banco Bpm, che ha accolto la notizia del ritiro di Unicredit, ufficializzato solo alla chiusura dei mercati, mentre erano ancora in corso valutazioni sui passi da compiere per fronteggiare la decisione della Consob, arrivata nella mattinata di martedì, di concedere un’ulteriore proroga, la seconda, all’Offerta pubblica di scambio di Unicredit. Una situazione anomala in Italia, dove non si è mai vista una Ops durare così a lungo a fronte di un passaggio di azioni del Banco Bpm a Unicredit molto al di sotto dell’1 per cento.

Banco Bpm teoricamente potrebbe presentare ricorso al Tar del Lazio contro la proroga concessa da Consob (ci sono due mesi di tempo), tuttavia la decisione arrivata in serata della rinuncia di Unicredit cambia completamente il quadro e pone il Banco in una condizione di relativa tranquillità, senza la necessità di mettere in atto azioni difensive.

Tranquillità, ma relativa, sia chiaro, per l’istituto guidato da Giuseppe Castagna. Perché l’affaire Unicredit dimostra che Banco Bpm è istituto solido e apprezzato, collocato in uno dei quadranti economici più sviluppati dell’intera Europa, ma pur essendo la terza banca del Paese è comunque troppo piccola per capitalizzazione per essere al riparo da scalate ostili. E dunque, potenzialmente, dopo Unicredit potrebbe arrivare qualcun altro intenzionato a mettere nel mirino il gruppo nato dalle ex popolari di Milano, Verona, Lodi e Novara. Tanto più che al momento manca ancora un socio forte, anche se in questo caso il gap va colmandosi visto il rafforzamento della partecipazione di Credit Agricole che, con un quarto circa del capitale rappresenterà un interlocutore imprescindibile per chiunque sia intenzionato a mettere gli occhi su Banco Bpm. Quest’ultimo, peraltro, esce dalla condizione di passivity rule a cui era sottoposto nei mesi della Ops e dunque ha le mani libere per diventare protagonista nel panorama delle fusioni. Crescere per non essere più una preda, questa potrebbe essere una strada. E la crescita potrebbe essere a portata di mano, guardando oltralpe alla “banque verte”, a cui Castagna ha sempre detto di pensare come partner industriale ma che in futuro potrebbe diventare anche un invitato a nozze.

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