
Economia / Centro Lodigiano
Giovedì 31 Ottobre 2024
L’epopea della famiglia Marinoni, negozio storico dagli anni Trenta
Abbigliamento L’avvio con Giuseppe e Giuseppina, oggi alla guida ci sono Renata e la figlia Benedetta
L’eleganza è anche uno stato d’animo. Soprattutto, uno stile. È vero che qui siamo a raccontare abiti, accessori, il luccichio di un colore indossato, dentro la cornice della storica boutique “Marinoni” di Sant’Angelo Lodigiano. Ma qui tutto è anche coinvolgente e ammaliante: l’accoglienza di Renata Marinoni, che rende persino eleganti, a prima vista, i propri interlocutori, con la forza del suo penetrante sguardo; la vivacità gioiosa di sua figlia Benedetta; e poi c’è quell’umanità attenta, che sfavilla di acutezze e di saggezza, della signora Elisa De Vecchi, mamma di Renata: è stata a lungo l’anima di questa realtà, ogni tanto cura la nostalgia con un sopralluogo, e quando ti stringe la mano sa trapassarti, come se scattasse una radiografia.
Renata chiarisce: «Quando la mia primogenita, Benedetta, si è affiancata a me, abbiamo avuto la quarta generazione della famiglia Marinoni ad occuparsi del negozio. Anche le altre due ragazze, in un certo qual modo, prestano qui la loro opera: Beatrice, che è docente ed insegna inglese in un liceo, si presta per qualche foto come indossatrice, mentre la terzogenita, Rebecca, organizza gli eventi legati alle nostre promozioni».
E chi fu invece il primo Marinoni ad avviare il negozio?
«Cominciarono i miei nonni, i coniugi Giuseppe e Giuseppina. Era l’anno 1930: la loro attività, inizialmente, consisteva nella vendita di calze e maglieria, e solo successivamente ampliarono le proposte. Quando cominciò il nonno aveva 27 anni ed era già nel settore commerciale, pur se in tutt’altra attività: aiutava infatti il padre, il mio bisnonno, nella conduzione di una fabbrica di fiammiferi al Castello Morando Bolognini».
Poi cosa accadde?
«Ai nonni subentrò il figlio Pietro, classe ’33, cioè mio padre, con la moglie Elisa, coadiuvati da mio zio Teresio, fratello del papà. Loro sono stati impegnati in questo esercizio sino al 1998. Hanno incrementando in modo significativo tutto quanto era stato sino a quel momento realizzato. Avevano una clientela tradizionale, nel senso che le generazioni famigliari si susseguivano: si veniva qui perché la boutique era davvero molto fornita, ad esempio per la biancheria intima, sia per uomo che per donna, come per la maglieria, per cui si aveva ogni tipo di maglioni o maglioncini».
Dopo la loro gestione arrivasti tu, è corretto?
«Quando loro mi hanno passato le consegne, già lavoravo in negozio da tempo. Ma nel momento in cui autonomamente ne ho assunto le redini, ecco, c’è stato un ulteriore cambio, non solo generazionale, ma di trasformazione dell’attività: abbiamo lasciato andare la figura maschile, valorizzando esclusivamente quella femminile, specializzandoci soprattutto sull’intimo».
Come hai impresso questa svolta?
«Abbiamo cominciato a fare approfondite ricerche, andando due volte l’anno presso i migliori saloni di moda francesi, dando una spinta significativa alla promozione di intimo e costumi, riuscendo a vendere circa 600 pezzi relativi ai bikini, oltre a parei e altri abiti da fuori acqua. Poi, una ventina di anni fa, è arrivata la necessità di un’ulteriore svolta. L’incremento dei centri commerciali, la concorrenza su intimo e abbigliamento da mare, ci ha fatto comprendere che dovevamo tracciare un percorso diverso».
Verso quali obiettivi?
«Abbiamo cominciato a specializzarci sull’abbigliamento e sugli accessori, frequentando le migliori case di moda d’Italia e del mondo: Parigi, Dubai, Firenze, Bologna; sempre alla ricerca di cose nuove, che suscitassero la curiosità e l’interesse dei clienti. Cerchiamo di vestire con abiti che vadano oltre il casual elegante o comunque l’eleganza vera e propria, puntando anche agli abiti da cerimonia, come per i diciottesimi o i matrimoni o per serate particolari. Promuoviamo eventi e partecipiamo a tre fiere durante l’anno, dove abbiamo la possibilità di intercettare e ritrovare clienti che arrivano dalla Svizzera, come da Bergamo, da Padova, da Genova e da altre parti».
Quali eventi?
«Uno è quello della Fiera Sud di Milano, e altri due si svolgono a Novrego, come la fiera degli Sposi. C’è poi un’altra importante Fiera al Castello di Belgioioso».
E la vostra boutique cosa incentiva per una moda che sia sempre all’avanguardia?
«È fondamentale la ricerca, sapere seguire il gusto del tempo e curare, tanto da renderlo eccellente, il rapporto qualità - prezzo. Ho imparato quanto sia importante la relazione con la cliente, che deve essere autentica e di assoluta attenzione; diciamo un rapporto di sintonia, capire quali desideri esprime e come aiutarla a valorizzarli. Ma non ci fermiamo qui».
Cos’altro fate?
«Da cinque anni promuoviamo sfilate legate al concetto di solidarietà; individuo un’associazione che veicoli temi affini alle nostre sensibilità, comprese quelle di chi sfila, cioè delle nostre modelle: ad esempio, il Centro Antiviolenza sulle donne di Lodi; in quella occasione, alle ragazze abbiamo regalato un braccialetto con la scritta: non permettere a nessuno di dirti che sei la metà di niente. Un altro evento lo abbiamo rivolto ad un centro che si occupa di anoressia e bulimia, sensibilizzando tutte le partecipanti sul tema del corretto equilibrio psicologico. A questi eventi è sempre legata una raccolta fondi con la vendita di gadget ed il sostegno di sponsor».
Hai uno stilista che veramente consideri di assoluto rilievo?
«Più di uno. Per me Giorgio Armani è il massimo. Apprezzo molto Dolce & Gabbana, perché vantano sempre un’inventiva straordinaria. Ma gli spunti migliori li prendo da Chanel, per me icona di stili, un punto di riferimento. Però, nelle scelte, io attribuisco molta importanza alle mie percezioni: soprattutto relativamente ai colori, alle possibili nuove tendenze, alle sorprese che possono suscitare gli accessori».
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