Telekommando

Nell’attesa della prima di Sant’Ambrogio al Teatro alla Scala con la sanguinaria e vendicativa opera di Dimitrj Sostakovic, Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk, questa settimana è stata occupata dai giudizi piovuti sulle due prime puntate del nuovo Sandokan (Raiuno, due puntate per i prossimi tre lunedì) che si sono trasformati in un pro o contro la Tigre della Malesia e più in specifico sul protagonista, l’attore turco, ma molto stabile in Italia, Can Yaman. Pietra di paragone – e comincio subito a dire erronea – lo sceneggiato del 1975 con Kabir Bedi, Carol André e Philippe Leroy. Infatti, sia questa serie sia il Sandokan di cinquant’anni fa sono ed erano delle belle infedeli rispetto ai romanzi di Emilio Salgari, solo di ispirazione per le due sceneggiature. Molti non conoscono che Sandokan è stato più e più volte portato sul grande schermo. Peraltro nei modi più impensabili e meglio non fare l’elenco degli attori che l’hanno impersonato. Potrei continuare di questo passo, ma mi fermo, molto tempo fa sono stato parte in commedia – e mi perdoni il lettore dell’intrusione – della ricostruzione filmografica del pirata salgariano, allargando la cinematografia anche agli altri eroi e romanzi dello scrittore veronese. Perchè allora non dire de Il corsaro nero, ancora con Bedi e la André? Forse nessuno se ne ricorda, come non si ricorda un Sandokan, ancora con Kabir Bedi, andato in onda su Canale 5 (c’erano addirittura Fabio Testi e Romina Power). Ma, si sa che la tv cammina solo sul presente (allora che ci sta a fare Techetechete’?). Lascio per strada sia lo Yanez di Alessandro Preziosi (molto in parte) sia La perla di Labuan e torno al Sandokan di oggi: mi pare sia molto contemporaneo: fragile, introspettivo, forse un po’ codardo, ma in realtà spregiudicato dissimulatore. Molto differente sia dal Sandokan 1975, sia dalla sanguinaria e implacabile Tigre della Malesia letteraria. Consiglio di leggere o meglio rileggere almeno i due romanzi che hanno ispirato la serie, Le tigri di Mompracem e I pirati della Malesia, per avere contezza di come Salgari aveva “disegnato” il suo (e un po’ nostro) eroe. (F. Fr.)

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