Telekommando

Se ci si sofferma un momento su, anche per un solo attimo, non si può non dire che vi è argomento di discussione in Italia (e chissà dov’altro) che non sia divisivo: dal calcio alla politica, dai fatti pubblici a quelli privati e così via. E il mondo d’oggi dà molto spazio alla discussione, indipendentemente dal luogo in cui si fa. Bar, ufficio, casa, tv fa poca differenza. Almeno da Dante in poi. Il guelfismo e il ghibellinismo prima, i bianchi e neri dopo, hanno da sempre albergato nell’animo dell’italiano medio. Anche se poi questa medietà dove la si trova, se non nei mezzi di comunicazione, tv e nuovi per l’appunto media. – ed è la parola stessa che sembra suggerire una contemporaneità che sa di futuro, avendo già vampirizzato il passato. Se aggiungiamo pure la socialità diffusa e intensificata delle piattaforme digitali. Il farsi un’opinione è diventata prerogativa di scavo nei commenti delle notizie e non più nel fatto stesso. Dico questo per ciò che si sente dire in giro; il gossip non è più snob, sdoganato per l’appunto dai social tanto da impadronirsi sia dell’intrattenimento sia dell’informazione: è l’unione, si sa quale genere abbia portato in dote al telespettatore. Tanto da ridefinirsi anche in un sottogenere che va per la maggiore che è il reality. D’altronde, l’approfondimento – lascio stare nomi e trasmissioni tanto sono sotto gli occhi e a portata di tasti di tutti – non si basa più sulla realtà osservata con la realtà stessa (Pasolini insegnava così a guardare il mondo, peraltro diventato un mantra per la raitre di Angelo Guglielmi, ma stiamo parlando veramente del secolo scorso), ma sul verosimile, poco importa se vira sul vero o sul falso: l’importante è che ci si creda.(F.Fr.)

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