Musica, amarcord: c’erano una volta i negozi di dischi

L’APPROFONDIMENTO Raccontare il passato alle nuove generazioni è difficile: oggi le canzoni stanno tutte nello stesso posto: lo smartphone

Se raccontassimo a un ragazzino che, fino a non molto tempo fa, per ascoltare una novità musicale bisognava uscire di casa e andare in un negozio di dischi, ci guarderebbe come si guarda uno zio strambo dopo il terzo bicchiere durante il pranzo di Natale. Già la parola “disco” gli suonerebbe aliena, un oggetto misterioso a metà tra un ufo e un soprammobile vintage; e poi, si chiederebbe, perché mai qualcuno doveva raggiungere fisicamente un negozio per comprare qualcosa che oggi vive dentro lo smartphone? Forse la lettura di Alta fedeltà , il libro cult di Nick Hornby, tornerebbe utile per capire cosa fosse davvero un negozio di dischi: non solo un posto dove acquistare vinili, musicassette o cd, ma un ecosistema sentimentale, un laboratorio di chiacchiere, scoperte, classifiche personali, liturgie da appassionati che discutevano di cantanti, band e generi musicali con la stessa serietà di un congresso internazionale. Poi è arrivata la rivoluzione digitale: musica ovunque, subito, a basso costo. E la domanda di supporti fisici si è accartocciata come una copertina troppo sfogliata. I negozi hanno cominciato a chiudere, uno dopo l’altro, lasciando soltanto un’eco romantica. Anche a Lodi, tra la metà degli anni Novanta e l’alba del nuovo millennio, gli “avamposti” musicali sono scomparsi. Non era raro, un tempo, imbattersi in una vetrina piena di vinili e cd: nel capoluogo restano nella memoria soprattutto la Galleria Musicale di corso Roma, che abbassò la saracinesca nel 2001, e il Discobolo di via Garibaldi, che concluse la sua avventura nel 2006. La Galleria era un po’ la “boutique” musicale del centro storico, punto di riferimento non solo per gli “assetati” di novità pop e rock ma anche per gli appassionati di musica classica; il Discobolo vendeva pure i biglietti per i concerti. Accanto ai due pilastri, nel corso degli anni, sono sorti (e spariti) tanti altri luoghi dedicati alla vendita di dischi. In via Volturno (e poi in via Lodino) c’era Musical Box, negozio dal “pedigree” marcatamente rock; in centro si potevano comprare cassette e cd, oltre a tv e impianti stereo, anche in corso Vittorio Emanuele. In via Magenta, per qualche tempo, ha resistito un negozio specializzato (inizialmente Big Store, poi Vinyl Magic), tanto somigliante, come atmosfera, a quello descritto nelle pagine di Hornby. Ma si poteva fare acquisti musicali anche in periferia: si ricordano il negozio al Centro commerciale in zona Albarola e un piccolo locale pure in viale Italia, quartiere San Bernardo. Le saracinesche, via via, si sono abbassate in tutto il territorio. A Codogno, per anni, ha tenuto banco Studio 88 nella centralissima via Roma, luogo iconico (la moquette rossa, il basso Hofner alle pareti) gestito da Claudio Ferrari; e sempre a Codogno esisteva One Way in via Garibaldi, frequentato soprattutto per acquistare biglietti di concerti. Breve e luminosa la parabola di Muzak, a Casalpusterlengo, gestito dal compianto Claudio Galuzzi, uno dei protagonisti della stagione culturale lodigiana a cavallo tra anni Settanta e Novanta. Nel Sudmilano, per trent’anni il presidio musicale (e letterario) è stato Zig Zag di San Donato, chiuso nel 2019. Per qualche tempo i “megastore” hanno provato – vanamente – a colmare il vuoto, Ma l’incanto, puff, sparito: altro era il tempo, altro era il mondo.

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