CINEMA Fabio Leporelli da San Colombano a Beverly Hills per “l’Oscar” degli effetti visivi

Lavora in Nuova Zelanda nella factory fondata da Peter Jackson ed è candidato al prestigioso premio Ves per il lavoro realizzato per The last of Us

Chiunque abbia avuto modo di avventurarsi al fianco di Ellie e Joel nel mondo post-apocalittico di The last of Us (serie tv adattamento dell’omonimo videgioco) avrà ben scolpito nella memoria l’infausto incontro, durante il quinto episodio della serie, con il mostruoso “Bloater”, la gargantuesca creatura che - privata oramai di ogni conformità biologica alla razza umana per la proliferazione corporea del morbo simbiotico - emerge dai tenebrosi recessi del sottosuolo in cui era confinato come una sorta di titano Ebbene, si dà il caso che uno degli artefici di quell’incubo (terrifica icona della prima stagione della serie) sia un banino doc impiantato a Wellington, in Nuova Zelanda: Fabio Leporelli (figlio di Gianni, indimenticato ambientalista del Borgo Insigne) capo look development artist di Weta FX (compagnia di effetti speciali fondata nientemeno che da Sir Peter Jackson, regista del Signore degli Anelli) il quale per aver contribuito in maniera sostanziale all’aspetto infernale e alla resa CGI di quell’essere spaventoso

- in qualità di team leader di “lookdev” con mansioni digitali di texturing e shading - ha ottenuto la sua prima candidatura ai prestigiosi VES Awards statunitensi e concorrerà al premio “miglior personaggio animato” del piccolo schermo. La 22° edizione della cerimonia che riconosce le eccellenze mondiali degli effetti visivi è organizzata dalla californiana Visual Effects Society e avrà luogo mercoledì 21 febbraio al Beverly Hilton hotel nei pressi di Rodeo Drive che dal lontano 1961 opspita anche i Golden Globe: «Per noi del settore vale quanto una nomination agli Oscar - dichiara al settimo cielo Leporelli, protagonista di un’epopea professionale che dai colli banini è arrivata a Beverly Hills -. Tenendo conto delle centinaia di persone annoverate nella produzione il fatto che la selezione sia ricaduta su di me è motivo di grande orgoglio. Vedere il mio nome affibbiato ad un “villain” del genere è stato folgorante».

Dopo aver studiato grafica tridimensionale praticamente da autodidatta, Leporelli ha mosso i primi passi negli studi Rai di Roma realizzando grafiche per il Tg1. Segue un intermezzo milanese e da lì a poco il volo destinazione Londra. Nella City approda alla Peerless Camera Company per lavorare a stretto contatto con l’istrionico regista di “Brazil” e “Paura e delirio a Las Vegas” ( giusto per citarne un paio) Terry Gilliam: «Chi non lo riconosce a prima vista potrebbe quasi scambiarlo per un clochard o un santone - rivela divertito Leporelli - un personaggio eccentrico e trasandato: entrai nelle sue grazie e conservo bei ricordi. L’esperienza più emblematica della permanenza britannica fu senza dubbio quella riguardante Casino Royale (primo 007 con Daniel Craig nei panni di James Bond, ndr) quando ricostruimmo digitalmente l’aereo nella concitata scena dell’aeroporto. Anche se il lavoro che porto nel cuore, il primo fuori dall’Italia, è la creazione del lupo mannaro nel film di Gilliam sui Fratelli Grimm con Matt Damon e il compianto Heath Ledger». Dopo questa esperienza c’è il volo agli Animal Logic di Sidney e l’incontro con la neozelandese Weta FX (che allora si chiamava Weta Digital): «Avevo nei piani il rientro a Londra ma la tentazione di fare domanda era forte: alla fine venni assunto. Sono qui da circa 12 anni. Peter Jackson? Un autentico filantropo». Ha così inizio un florido periodo fra produzioni kolossal (basti ricordare la serie “Il Trono di Spade” o il campione di incassi “Avengers: Infinity War”) e una sfilza di altri blockbuster: «La trilogia di “Lo Hobbit” è stato il primo fantastico lavoro in Weta e fra i vari progetti di computer grafica direi che quelli per “L’alba del pianeta delle scimmie”, per il reboot di “Suicide Squad” e il recente “The Batman” con Robert Pattinson sono stati fra i più stimolanti e soddisfacenti». Ed ora l’investitura del gotha degli effetti visivi con la nomination ai VES Awards per The Last of Us: onorificenza che gli consentirà di varcare le soglie di uno dei templi più evocativi dello show business. Ciò porterà in dote uno scintillante trofeo?

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