Monico, fornai da 160 anni:
«Con il pane un rapporto spirituale»

CASALE Una storia di famiglia che torna indietro nei secoli, una storia di sacrificio e di grande passione

La sveglia quando va bene è alle 4, ma il weekend si attacca alle 2.30. Tutti i santi dì, che non ci si ferma mai, se non cinque settimane per le ferie. Il panificio Monico di Casalpusterlengo compie 160 anni. Una storia di sacrificio e passione, che attraversa tre secoli e cinque generazioni: dall’attuale titolare Massimo a ritroso fino al bisnonno Carlo, al nonno Bernardo e al padre Giovanni Battista detto Nino, per poi arrivare a suo figlio Matteo.

La panetteria della famiglia Monico sorge in via Carlo Rosselli, all’angolo tra le antiche contrade “dei Cappuccini” e “degli Spini”, proprio dove si narra esistessero i cosiddetti “Forni” costruiti dai Romani al tempo della seconda guerra punica. Nel 218 a.C. «Un bel po’ di anni fa sono state fatte delle ricerche e sono saltate fuori delle carte in cui il panificio risale al 1865 – racconta Massimo -. Oltre non si riesce ad andare, perché pare ci sia stato un incendio che ha danneggiato della documentazione, comunque la casualità vuole che il panificio parte nel 1865, io sono nato nel 1965 e in questo 2025 compiamo 160 anni». Numeri da giocare al lotto, ironizza il fornaio. Che battute a parte, con il suo lavoro ha un rapporto quasi spirituale.

«Quando faccio e penso al pane non posso non associarlo a Gesù Cristo – racconta non senza pudore -. Che sembrerà una cosa strana, ma per me è così. Per “noi” è così». È in questo “plurale” che risiede il valore di un’arte tramandata di padre in figlio. Così, alla domanda su cosa significhi essere l’erede di questa lunga tradizione, Monico non esita un secondo: «Ho la risposta in bocca – dice -. “Sacrificio, sacrificio, sacrificio”. E passione. Se non l’avessi fatto non sarei stato bene, ma questo porta un sacrificio non solo a me ma a tutta la mia famiglia, perché gli orari di lavoro sono interminabili». Certo, non più come una volta. Ma quando gli altri dormono, per Massimo è come se fosse “giorno”.

«Abbiamo introdotto delle nuove tecniche di panificazione e soprattutto di lievitazione, che ci permettono di cominciare alle quattro della mattina, ovviamente nei giorni normali. Nei giorni come il sabato e il venerdì, quando c’è più lavoro, cominciamo alle 2:30. Ma è diverso da mio papà che incominciava a lavorare tutti i giorni alla una. Dalla una alle 4, io sono un gran signore». Nel frattempo è cambiato il mondo. Alla Sagra di San Bartolomeo c’era la processione di famiglie che venivano al forno dei Monico a far cuocere la “turta de Casal”. E ci fu un anno che ne sfornarono 2mila in due giorni.

Oggi la maggior parte la compra fatta da loro. E solo per sé. «Una casalinga arrivava con 7,8,10, 12 torte, perché poi una la regalava a questo, l’altra a quello. Adesso una famiglia si prende la sua tortina e finisce lì. Non c’è più la condivisione» conclude Massimo. n

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