Vincolo sportivo, i calciatori lodigiani favorevoli all’abolizione

«Vogliamo essere liberi di scegliere in quale squadra andare a giocare»

C’è chi ha vissuto in prima persona la stretta dei tentacoli del vincolo sportivo, rischiando di rimetterci non solo la carriera calcistica, ma anche e soprattutto la salute. È l’attuale tecnico del Fanfulla, Andrea Ciceri, che racconta, ancora con rabbia e sgomento quello che ha passato poco più che ventenne, quando la sua attuale società, precisiamolo subito, gestita da altre persone, decise di rinunciare a lui, sebbene fosse uno dei più promettenti prodotti del vivaio. Correva la stagione 2000/2001 e per Ciceri fu quella un’estate che ricorderà per sempre: «Mi chiesero di andare alla Romanese – racconta l’attuale tecnico bianconero – perché c’era un accordo economico piuttosto importante tra le due società. Io però non volevo e avrei preferito andare al Sant’Angelo, che mi faceva la corte. Sarebbe stata una sorta di rivincita per me che, ceduto dal Fanfulla, cercavo il riscatto nella società rivale e soprattutto vicino a casa». La sua scelta però non fu mai assecondata e per Ciceri cominciò un lungo calvario: «Ci fu un interminabile braccio di ferro tra me e la società che voleva impormi dove andare a giocare – prosegue l’ex centrocampista –, ma io non accettavo e così rischiai seriamente di smettere di giocare a calcio, nel bel mezzo della mia carriera, perché era quello che minacciavano di fare se non accettavo la squadra che mi imponevano loro».

Il tira e molla durò parecchio tempo, non senza l’intervento della giustizia sportiva, anche perché all’epoca il vincolo sportivo era a tempo indeterminato, una volta compiuto il 18esimo anno di età: «Ero disperato perché mi stavano impedendo di fare quello che amavo di più e anche molto deluso dal comportamento della società. Il mio caso fu piuttosto eclatante, tanto che intervenne addirittura la giustizia sportiva».

Tuttavia per liberarsi Ciceri dovette ricorrere a un tesseramento estero: «Giocai due mesi in Svizzera – ricorda – proprio per svincolarmi e poi rientrai in Italia e da lì iniziò per me una nuova vita e non solo calcistica, perché finalmente mi sentivo libero». A 24 anni infatti il tecnico del Fanfulla cominciò un percorso che lo avrebbe portato a centrare traguardi importanti: «Quell’esperienza certamente mi ha lasciato il segno – commenta oggi –, però al tempo stesso mi ha anche permesso di ottenere certi risultati, penso al Pavia dei record, piuttosto che al Fiorenzuola, tuttavia ha seriamente rischiato di compromettere la mia carriera».

L’abolizione del vincolo per lui è quindi una battaglia da portare avanti, come sta facendo il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora: «L’Italia è rimasta uno dei pochi Paesi a non adeguarsi a quello che succede nel resto d’Europa – analizza Ciceri – e se da una parte capisco che le società possano avere timore di vedere vanificato il loro lavoro con i giovani, dall’altra è innegabile che diversi ci marcino. Io sarei per un giusto indennizzo, stabilito dalle federazioni che sia definito in base ai vari parametri, però non si può non adeguarsi e tenere ancora in ostaggio i calciatori»

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