Una giornata nel pronto soccorso di Lodi preso d’assalto

Pronto soccorso dell’ospedale invaso dai pazienti con un codice minore. Bianco, verde, senza urgenza. L’80 per cento dei malati è così.

Il Pronto soccorso è sommerso da una quantità di lavoro incredibile che ricade prevalentemente sugli infermieri del triage. Sono loro quelli che alla fine non hanno neanche 5 minuti di tempo per andare in bagno, tanto meno per bersi un caffè. L’abbiamo potuto constatare oggi infilandoci lì, dalle 10 di mattina alle 2 del pomeriggio, in mezzo agli operatori in camice verde che valutano i pazienti e assegnano loro un codice di priorità. Gli infermieri del triage decidono chi deve essere visitato per primo, provano la pressione, fanno gli ecocardiogrammi. Si spostano persino in sala d’attesa se qualcuno ha bisogno d’aiuto, perché in carrozzina da solo non ce la fa. Controllano i pazienti sulle lettighe, gli altri approdati con l’ambulanza. E sono subissati dalle richieste: “Mi manda il medico di famiglia”, “Basta, sono stanco di aspettare”, “Voglio essere visitata subito, vado a Piacenza: là mi conoscono, sanno chi sono io”. “Mi fa ancora male, voglio prolungare la malattia”. E loro sempre lì, pazienti, gentili, a dare spiegazioni e soprattutto a tenere sotto controllo la situazione. Facendo spallucce di fronte alle polemiche inutili. In emergenza urgenza bisogna andare al sodo.

Dietro la linea rossa del triage questa mattina ci sono sempre almeno 10 persone, in sala di attesa il doppio, 7 aspettano su una barella in corridoio che si liberi un letto in reparto. Qualcuno si lamenta.

In 20 hanno un codice giallo, cioè un problema abbastanza serio e una 30ina aspetta nell’ambulatorio codici minori. L’infermiere è quello con più responsabilità. Da un lato del bancone ci sono i pazienti accompagnati dall’ambulanza, dall’altro quelli che arrivano da soli. Dietro il banco ci sono gli infermieri Luigi Romano e Katiuscia Spinelli. A tenere le fila del lavoro sono il primario del reparto Stefano Paglia e il coordinatore infermieristico Aurelio Farina. Arriva un uomo, fa fatica a muovere le dita: «È andato dal suo medico curante?»; «No, A Sant’Angelo non c’è più il pronto soccorso. Sono così da una settimana». L’infermiera lo manda all’ambulatorio dei codici minori: «Guardi - lo avvisa -c’è da aspettare un po’». Una signora anziana, dalla sala d’attesa chiama: «Devo andare in bagno». «Ci penso io», risponde subito la triagista. Poi ancora una donna anziana si avvicina con la parente: «Ha le gambe gonfie, non riesce a respirare; il medico di famiglia le ha dato dei diuretici, ma non è cambiato nulla». L’infermiera le prova la pressione e poi fa subito l’ecocardiogramma». «Mi ha mandato il medico curante a fare una radiografia al torace - dice un’altra -. Il mio medico ha sentito dei rumorini mentre mi visitava». E il radiologo conferma: “Ha bisogno di una visita pneumologica di approfondimento». L’infermiera telefona in reparto e la paziente viene mandata subito su. Dalla parte delle ambulanze, invece, c’è una signora con il mal di denti . È già venuta il giorno prima ed è stata visitata dall’otorino. Ha con sè il bambino: «Non posso stare qui ad aspettare, mio figlio si ammala. Voglio andare subito dal dentista». L’infermiere cerca di farle capire che ci sono persone più gravi. «Le tolgo il dolore - le dice - e poi la faccio aspettare». Niente da fare. Una signora si avvicina con la neonata in braccio: «Mi ha mandata il pediatra per valutare la saturazione». È la terza volta che si presenta.

«Quand’è il mio turno?», chiede una ragazza. «Sei la prossima - risponde Spinelli -, ma non so dirti quanto tempo ci vuole ancora». E quando finalmente l’ora arriva la paziente non c’è più. Stessa situazione con una donna straniera che ha la pressione alta e deve prendere l’aereo alle 15. «Non so se ce la fa - dice l’infermiera -, ma la salute è più importante di un aereo». Quando la chiama per la visita la paziente se n’è andata. Dalla comunità di accoglienza di Brembio arriva un profugo con i dolori addominali. Poi si fa avanti una ragazzina con un’emicrania fortissima e un bimbo con il mal di pancia. Dall’altra parte intanto si accumulano le barelle dell’ambulanza, ci sono anche un signore con l’ossigeno che fa ancora più fatica del solito a respirare, una donna araba con i dolori e altre persone gravi.Si accumulano i pazienti che hanno bisogno di ecocardiogramma e di fare una emogasanalisi. L’infermiera cerca una barella o una carrozzina, ma sono tutte occupate. Finalmente se n’è liberata una in un reparto. «Voglio essere visitata - protesta una signora dalla sala d’attesa - ho chiamato apposta la croce rossa per sbrigarmi prima. Mio marito è a casa da solo con la bombola, sono preoccupata». Si affaccia il primario: «Da adesso - dice - chiudete la sala dei codici minori, fate passare solo i gialli. Sono loro ad avere la priorità». Le ambulanze non smettono di arrivare: uno è un paziente con un incidente, un’altra è una donna in coma. Per loro non c’è praticamente attesa. Sono le 2, si cambia turno. Gli infermieri passano le consegne ai colleghi, ma per loro non è ancora finita. Il lavoro continua in un’altra parte dell’ospedale.

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