Un appello per salvare la Polenghi

(Aggiornamento ore 20.30) «Il marchio Polenghi non è in vendita». È lapidario il presidente di Newlat Angelo Mastrolia, che ha escluso in modo categorico un passaggio di proprietà per il sito di San Grato. Dopo la proposta del deputato della Lega nord Guido Guidesi la risposta non si è fatta attendere.

(8 dicembre) «Salviamo la Polenghi». L’appello arriva dalla Lega nord e, in particolare, dal deputato Guido Guidesi, il quale lancia una proposta per rilanciare sul mercato lo storico stabilimento di San Grato, oggi ridimensionato rispetto al passato: «Mi rivolgo alle associazioni di categoria e alle cooperative, agli agricoltori e agli allevatori - dichiara l’esponente del Carroccio - affinché aprano un tavolo per fare un’offerta e fare in modo che la Polenghi torni in mani lodigiane. Le aziende potrebbero portare lì il latte, per poi occuparsi direttamente della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti».

Guidesi è convinto che questa sia una battaglia che il territorio lodigiano è in grado di vincere, «possiamo ancora ritagliarci uno spazio importante nel settore lattiero-caseario».

L’idea dell’esponente del Carroccio è rivolta alle aziende e alle cooperative come la Santangiolina di San Colombano al Lambro, ma anche a Coldiretti, Confagricoltura e Cia.

Tutti conoscono la storia della Polenghi Lombardo, nata nel primo decennio dell’Unità d’Italia e diventata il fiore all’occhiello del Lodigiano e del Belpaese. Il sito di San Grato fu inaugurato nel 1981. Una carriera gloriosa a cui seguì un costante declino, l’ultimo colpo di grazia, in tempi recenti, è stata la perdita della commessa Parmalat, a cui è seguita l’accusa dei sindacati: «Non si sono cercati nuovi clienti e nemmeno nuovi prodotti».

Il 2014 è stato un anno difficile, con proteste ai cancelli da parte dei lavoratori: Newlat, proprietaria dello stabilimento con il patron Angelo Mastrolia, aveva infatti annunciato 38 esuberi su circa 80 dipendenti e, nel momento in cui erano partite le prime lettere di licenziamento, la situazione era esplosa.

La procedura era stata congelata, poi era partita la mobilità, ma per 31 persone e non più per 38, 4 con proposta di ricollocamento. I sindacati hanno fatto presente più di una volta la difficoltà riscontrata nelle trattative e l’assenza di un piano industriale con investimenti certi per il sito di Lodi, allo stesso tempo hanno puntato il dito contro la mancanza di prospettive future.

La produzione è stata infatti drasticamente ridotta, ci si è concentrati sul mascarpone, mentre la lavorazione di scamorza e ricotta si è rivelata marginale.

«In passato il territorio ha lasciato che la Polenghi finisse in mano ad altri - aggiunge Guidesi -, gli altri adesso ne limitano il marchio e le potenzialità, lo dimostrano le vicende che hanno coinvolto i lavoratori e la mancanza del piano industriale. Questo marchio ha comunque dei margini, sia in Italia che all’estero, non credo sia giusto abbassare la testa e abbandonare così la Polenghi senza dare delle prospettive. C’è poi un altro aspetto da considerare, ovvero il prezzo del latte, in queste condizioni gli allevatori non riusciranno mai ad ottenere un utile, la rinascita della Polenghi potrebbe essere un’opportunità».

Nel 2008, quando la proprietà faceva capo a Parmalat, era spuntata l’ipotesi di una cordata lodigiana guidata dall’allora presidente degli Industriali Augusto Cantoni. Un’operazione poi tramontata. In realtà, a quei tempi le cordate in campo erano diverse, quattro per l’esattezza.

Tra queste anche quella israeliana, che aveva presentato un maxi progetto per il raddoppio della Polenghi, oltre a negozi, ristoranti, palestre e spazi per il tempo libero, più un polo di logistica. Ma la storia è andata diversamente.

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