Ucciso dalla leucemia, medico a giudizio

Il dottore di guardia a San Silvestro non era uscito a visitarlo

Entra nel vivo il processo per la morte di Antonio Magliacane, il 26enne di Lodi che si era spento in ospedale il 2 gennaio del 2007 stroncato da una leucemia fulminante: per quel dramma è finito a giudizio un medico che il 31 dicembre del 2006 prestava servizio di guardia per l'Asl di Lodi e che è accusato di omissione di atti d’ufficio. Perché, risulta dagli atti dell'accusa, il medico, contattato attraverso il numero unico “118”, si era limitato a un consulto telefonico, consigliando ai familiari di far assumere al giovane un antinfiammatorio e un “Froben”, uno spray contro la gola arrossata: secondo la procura della Repubblica, invece, avrebbe dovuto cogliere la gravità dei sintomi e uscire dal suo studio per recarsi al domicilio del paziente a effettuare una visita, oppure quantomeno consigliare un immediato controllo ospedaliero.

I famigliari di Antonio si erano rivolti a un legale e cinque mesi dopo avevano querelato il medico di guardia, T.S., originario della Calabria e residente a Pavia, chiedendo alla procura della Repubblica di Lodi di prendere in considerazione anche l’ipotesi di omicidio colposo. Il pm aveva affidato la cartella clinica del 26enne al medico legale Edmondo Pea, e alla luce delle sue conclusioni la grave accusa era caduta. Era rimasta però quella di rifiuto di compiere atti dovuti, in qualità di pubblico ufficiale, cioè la visita diretta al paziente. Lo stesso dottor Pea, chiamato ieri a deporre in udienza innanzi al collegio presieduto da Angela Scalise, ha ricordato che «si tratta di casi a prognosi infausta». Ma nella telefonata che richiedeva l'intervento del medico sarebbe stata evidenziata anche una “petecchia” sulla lingua del 26enne: così scientificamente è definita una piccola chiazza blu. «A fronte di questo sintomo, se la telefonata fosse arrivata a me avrei quantomeno chiesto una descrizione migliore», ha considerato il perito a fronte delle domande dei giudici.

«Era un periodo di influenza - considera l’avvocato di parte civile della famiglia del 26enne, Stefano Previtali di Milano -, ma questo paziente aveva un sintomo diverso da tutti gli altri, che doveva essere approfondito. E forse se fosse stato ricoverato prima, sarebbe vissuto di più».

Invece Antonio, che dal 29 dicembre aveva febbre a 38, il 2 gennaio aveva perso conoscenza durante la colazione, e solo a quel punto stato portato in ospedale prima a Lodi e poi al San Matteo di Pavia, dove era spirato. A portare i familiari a telefonare alla “guardia medica” il 31 dicembre era stata proprio la macchia blu sulla lingua, che per l'accusa avrebbe dovuto preoccupare anche il medico. Prossima udienza in ottobre.

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