Tutti gli “affari sporchi” del Lodigiano

Il bilancio 2010 dei rifiuti: 37 reati, 45 denunciati e 16 sequestri

Mafia, rifiuti e affari sporchi. A esplorare con la lente di ingrandimento le cosche e le loro attività è ancora una volta Legambiente, che ieri ha presentato ufficialmente il rapporto Ecomafie 2011, dove non mancano i numeri del Lodigiano. A preoccupare è proprio la “monnezza”, un settore che l’anno scorso ha portato alla scoperta di 37 infrazioni, 45 persone denunciate e 16 sequestri, un quadro peggiore rispetto a quello delineato nel 2009. I dati sono stati elaborati dall’associazione e fanno riferimento alle operazioni portate avanti dalle forze dell’ordine e dalla polizia provinciale.

Tra i diversi interventi citati nello studio c’è il maxi sequestro di Italia 90 dello scorso aprile, la società era già finita al centro dell’inchiesta denominata “Matassa” per traffico illecito di rifiuti. A cui si aggiunge il sequestro dell’impianto di trattamento di Coste Fornaci a seguito di un incendio, effettuato a novembre dai carabinieri: «È solo uno dei numerosi roghi di rifiuti verificatisi in provincia di Lodi nell’ultimo anno - si legge nel faldone -, su cui sta indagando anche la Dda di Milano».

Legambiente non dimentica lo sversamento di 2.600 tonnellate di oli minerali e idrocarburi nel Lambro, secondo i magistrati che hanno cercato di far luce sull’episodio non si trattò di un incidente ma di un avvelenamento premeditato.

Così come non poteva mancare Santa Giulia, l’area milanese che - sulla carta - sarebbe dovuta diventare un moderno quartiere residenziale ma dove sono scattati i sigilli per omessa bonifica e smaltimento illecito di rifiuti. «Dall’impianto accusatorio dei giudici - si sottolinea nel rapporto -, emerge anche una preoccupante ombra che si allunga sui cantieri della “città ideale”: secondo i pubblici ministeri, alcuni subappalti sarebbero andati a finire a imprese vicine alla ’ndrangheta. È il caso di un’azienda che smaltiva illegalmente nel Lodigiano gli scarti dei lavori di un altro grande cantiere di Milano, quello di Garibaldi-Repubblica».

Per la Direzione nazionale antimafia ormai è chiaro: al Nord non si può più solo parlare di “infiltrazioni mafiose”, bensì di una vera e propria colonizzazione. La ’ndrangheta produce la maggior parte del suo fatturato in Lombardia, ricicla una montagna di denaro, si insinua nell’economia legale e stringe alleanze con la politica e la pubblica amministrazione. Oltre all’immondizia c’è il cemento, in particolare quello del movimento terra, un settore in cui la ’ndrangheta detiene il primato assoluto. Da questo punto di vista, però, nel Lodigiano non sono stati rilevati reati.

Nella “classifica dell’illegalità” Lodi si trova agli ultimi posti, al numero 103, ma è evidente che con il passare del tempo sta scalando le posizioni. Complessivamente sul territorio si sono registrate 40 infrazioni, una cifra che rappresenta lo 0,1 per cento del totale. Il “racket” degli animali, invece, ha numeri decisamente più contenuti, sono solo 3 i reati segnalati.

In tutto lo Stivale il “serpentone” dei rifiuti è lungo 1.117 chilometri, più o meno come viaggiare da Milano a Reggio Calabria: un’autostrada. È questa l’immagine utilizzata da Legambiente per spiegare ai cittadini quanto sia grande il traffico illegale in tutto il Paese. Le tonnellate di rifiuti tossici sequestrati solo in 12 delle 29 inchieste messe a segno l’anno scorso dalle forze dell’ordine supera i 2 milioni di tonnellate. Gli illeciti ambientali accertati nel 2010 sono invece 30.824, ovvero 84 al giorno e 3,5 ogni ora, per un fatturato di 19,3 miliardi di euro e 290 i clan coinvolti. Con i 26.500 nuovi immobili abusivi stimati si potrebbe persino costruire una cittadina di medie dimensioni.

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