Sulla barca, in acque tempestose

L’editoriale del direttore del «Cittadino» Lorenzo Rinaldi

Ci sono immagini destinate a entrare nella storia. Come quella del Papa, solo, sotto la pioggia, raccolto in preghiera. Era il 27 marzo 2020 e il Covid-19 era già assurto al grado di pandemia, virus diffuso in tutto il mondo. Rivolgendosi a una piazza San Pietro deserta (anche in questo caso l’immagine è molto più efficace delle parole) Francesco ha fatto ricorso a una scena biblica, pensando tutti noi all’interno di una stessa barca durante la tempesta. Un modo per parlare a tutto il mondo, ai credenti e a quanti professano altre religioni o non credono. “Francesco - ha detto il teologo domenicano Timothy Radcliffe - ci invita a scoprire che siamo sulla stessa barca insieme e, dunque, è ora di guardarci a vicenda e prenderci cura l’uno dell’altro. È un invito alla solidarietà (...). Perciò la mia speranza è che questa crisi attuale ci apra gli occhi, allo scopo di vedere la bellezza del nostro piccolo pianeta in tutto ciò che è interconnesso e reciprocamente dipendente. Non cerchiamo di dominare il Creato come se fosse un bene solamente per il nostro uso. Sentiamoci a casa in esso, ma non dominando su di esso”.

Proprio l’elemento della interconnessione tra l’uomo, le sue azioni e il mondo che lo circonda è al centro del recente messaggio di Francesco per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato. Un tema caro al Papa - la Lettera Enciclica Laudato si’ risale al 2015 - che oggi, a pandemia in atto, diventa ancora più attuale. “Abbiamo costantemente bisogno di ricordare che tutto è in relazione e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri”, scrive Francesco. “Oggi - aggiunge - la voce del creato ci esorta, allarmata, a ritornare al giusto posto nell’ordine naturale, a ricordare che siamo parte, non padroni, della rete interconnessa della vita. La disintegrazione della biodiversità, il vertiginoso aumento dei disastri climatici, il diseguale impatto della pandemia in atto sui più poveri e fragili sono campanelli d’allarme di fronte all’avidità sfrenata dei consumi”.

Parole, quelle del Papa, che chiamano tutti alla riflessione, perché “i nostri stili di vita spingono il pianeta oltre i suoi limiti. La continua domanda di crescita e l’incessante ciclo della produzione e dei consumi stanno estenuando l’ambiente. Ci occorre oggi trovare stili equi e sostenibili di vita, che restituiscano alla Terra il riposo che le spetta, vie di sostentamento sufficienti per tutti, senza distruggere gli ecosistemi che ci mantengono”. La pandemia, per usare ancora le parole di Francesco, “ci ha condotti a un bivio, dobbiamo sfruttare questo momento decisivo per porre termine ad attività e finalità superflue e distruttive, e coltivare valori, legami e progetti generativi. Dobbiamo esaminare le nostre abitudini nell’uso dell’energia, nei consumi, nei trasporti e nell’alimentazione. Dobbiamo togliere dalle nostre economie aspetti non essenziali e nocivi, e dare vita a modalità fruttuose di commercio, produzione e trasporto dei beni”. Abbiamo davanti, anche nel Lodigiano e nel Sudmilano, sfide impegnative. Saremo in grado di coniugare la ripresa economica (che significa posti di lavoro) con l’appello alla cura del Creato, per consegnare ai nostri figli un ambiente migliore e più sano dell’attuale? I segnali purtroppo non sono incoraggianti, la speranza in una “conversione ecologica” è riposta nelle persone di buona volontà e nelle nuove generazioni.

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