«Speravo fosse un brutto incubo»

Riceviamo la lettera della figlia di Giovanni Sali e volentieri pubblichiamo:

“Caro Papà, di tutto mi sarei aspettata, ma mai di trovarmi qui, a scrivere questa lettera, dopo un anno che non ti vedo. Dopo un anno da quel terribile giorno che speravo fosse un brutto incubo, un brutto sogno. Ma che invece si è rivelato il più brutto sogno reale della mia vita! È già passato un anno da quel pomeriggio di cui non mi ricordo molto. Le persone che mi abbracciavano, che piangevano, tutta quella gente intorno, tutti quei carabinieri, la mamma sconvolta, Elena che urlava, io che dicevo a Cristiano: «Ti prego svegliami», le lacrime che continuavano a scendere, lo stomaco chiuso in una morsa di ferro… Ma soprattutto quegli infiniti minuti, ore, ad aspettare una spiegazione che tutt’ora non è ancora arrivata… Quella maledetta domanda “PERCHÈ?” che non ha mai avuto risposta e che fa terribilmente male. Ho tanti rimorsi, rimorsi che purtroppo rimarranno per sempre. Di non averti detto un semplice “TI VOGLIO BENE”, di non averti dimostrato il mio affetto con un semplice abbraccio, di non averti mai dimostrato quanto eri importante.

Si, forse sono cose che purtroppo a questa età non pensi, ma che ti distruggono quando ti rendi conto che oramai è tardi, che oramai non puoi tornare più indietro. Non so quanto darei per poterti rivedere e abbracciare solo un secondo. Per salutarti, per darti un bacio, quel bacio che non ti davo mai, per abbracciarti e ringraziarti per tutto quello che facevi ogni giorno per me! Ma soprattutto per dirti quanto ti volevo bene. Hai lasciato un vuoto incolmabile e un dolore indescrivibile che non auguro a nessuno e che nessuno... Non solo te ne sei andato troppo presto, non solo dovevamo fare ancora una marea di cose, te ne sei andato nel peggiore dei modi. Per colpa di qualcuno di cui non si sa e non si saprà mai niente, senza un perché, senza un saluto ma soprattutto senza motivo.

Mi viene una rabbia allucinante quando dalla bocca delle persone o sugli articoli di giornale scrivono: “è ancora aperta la pista del suicidio”. Farei passare a questa gente ignorante il dolore che stiamo passando per fargli vedere che cosa provoca questa frase. Non posso accettare che anche solo per un secondo chiunque possano pensare questa cosa. Ci volevi troppo bene, avevi una vita serena, divisa tra il tuo amatissimo lavoro e i tuoi mille hobby.. E c’è gente che ha il coraggio di pensare che tu possa aver fatto tutto da solo! Eh si, perché un bel giorno, ti sei svegliato e hai deciso senza dir niente,in servizio e alle 17.30 di sabato pomeriggio quasi in centro in una città, di andare in quello schifo di via e fare quel gesto; ovviamente sparando più colpi perché essendo tu uno sprovveduto di armi non sapevi dove sparare! Due sole parole a tutto questo: CHE SCHIFO! E il problema principale è che ovviamente nessuno ha visto niente e chi di dovere si fa bello di bocca senza risultati concreti! Ma oramai, caro papà, io non ce la faccio più. È un mix di dolore e rabbia che è arrivato ad un limite indescrivibile. Voglio solo pensare alle cose belle che mi hai lasciato, alle cose che mi hai insegnato della vita e al tuo ricordo di papà sempre sorridente! Ora purtroppo non posso più dartelo di persona, ma spero che ti arrivi un grande bacione lassù! Da tutta questa orrenda storia ho imparato che: NON È DIFFICILE ANDARE AVANTI, IN QUANTO VOLENTE O NOLENTE IL TEMPO PASSA, MA LA DIFFICOLTA’ È RICOMINCIARE DA CAPO. Mi manchi da morire. Ti voglio bene papà!”

Erica Sali

Un mazzo di fiori soltanto per ricordare la morte del carabiniere Giovanni Sali, ucciso un anno fa a Lodi, in città bassa. Un omicidio ancora senza movente e senza colpevoli. E mentre chi ha conosciuto il militare chiede giustizia, la figlia Erica ricorda il padre in una toccante lettera

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