Silvia, Andrea e Chiara, quei lodigiani nell’orrore di Bruxelles

Solo per un caso non ha preso la metropolitana a Maelbeek, ieri mattina intorno alle 9. Proprio quando l’esplosione ha ucciso una ventina di persone, gettando nel panico passeggeri e passanti. Silvia Sinibaldi, l’ex consigliere comunale Pd a Lodi che ha lasciato il Broletto per trasferirsi a Bruxelles, sta bene, così come gli altri lodigiani che ieri mattina la redazione del «Cittadino» è riuscita a contattare. «Abito a cento metri da Maelbeek - racconta la giovane, impegnata in Belgio per Caritas Europa -, è strano pensare che solo per una serie fortuita di coincidenze io non mi trovassi lì». E non solo perché ha preso la metropolitana dieci minuti dopo il solito orario, ma anche perché questa volta ha deciso di evitare l’aeroporto: «Per tornare a casa per Pasqua ho cambiato programma - spiega -, invece di prendere l’aereo ho preferito organizzare un viaggio, infatti parto domani ( oggi per chi legge, ndr)».

«Dall’ufficio - aggiunge - ci hanno detto di lavorare da casa, ma è difficile con quello che sta accadendo. Come prima cosa ho contattato le persone che conoscono per accertami che stessero bene, fortunatamente è così. Le strade sono invase di ambulanze e di polizia, è tutto bloccato». Anche i telefoni. «Chi ha già raggiunto il posto di lavoro, non può spostarsi, a un certo punto sembrava che la polizia stesse anche cercando qualcuno. È davvero una brutta giornata e c’è molta agitazione», anche tra le mura di casa.

In tanti hanno pensato a una ritorsione dei terroristi islamici dopo la cattura di Salah Abdeslam. «L’esercito prima dell’arresto era sempre in giro, presidiava i punti sensibili, ci eravamo ormai abituati alla presenza. Poi, dopo l’arresto, è sparito», osserva Silvia.

Andrea Ghianda ieri mattina stava lavorando, ma con gli occhi incollati alle news. Il lodigiano lavora a Bruxelles per One Campaign, un’organizzazione senza scopo di lucro fondata da Bono, il leader degli U2. «Siamo tutti un po’ ne panico, c’è una brutta atmosfera», scrive dall’altra parte del pc, mentre le linee telefoniche sono intasate. «Soprattutto perché il secondo attacco è stato alla fermata della metro, al centro del quartiere europeo». A due passi dalla sede dell’Unione europea. «Hanno bloccato i mezzi pubblici e il primo ministro suggerisce di stare a casa, è meglio non muoversi anche perché tutti i tunnel sono bloccati». Il livello d’allerta è 4, il massimo. Nei giorni precedenti, dice Andrea, non si era sentito parlare di un possibile attentato: «Solo qualche giorno fa hanno arrestato il fuggitivo di Parigi, alcuni pensano che le due cose possano essere legate, ma al momento non c’è nulla di certo».

Chiara Rospo fa la ricercatrice in un’azienda farmaceutica a Bruxelles. Alle 8 di ieri si era già messa in contatto con papà Gaetano: «Noi stiamo bene». Chiara ha 42 anni e due figli e vive nel quartiere europeo, non distante dal Parlamento. «Abbiamo avuto tanta paura - racconta Chiara -, non sapevamo cosa fare. Il mio bambino più grande era all’asilo. Mi hanno chiamata per dirmi che chiudevano gli accessi e avrebbero aperto le porte solo ai genitori. Non so ancora se domani le scuole saranno in funzione. Il quartiere è paralizzato. La mia azienda ha messo a disposizione uno psicologo e ha incentivato il lavoro da casa. Hanno previsto anche dei mezzi per il trasporto in sicurezza dei dipendenti. Io resterò a casa visto che lunedì è arrivata da Lodi anche mia mamma. Mia sorella dovrebbe raggiungerci giovedì, ma hanno sospeso i voli a Zavantem. La sensazione è di paralisi. I belgi reagiscono sempre in modo composto. Interiorizzano molto: forse anche per questo hanno messo a disposizione lo psicologo. Mi chiedo perché non abbiano fermato subito i mezzi pubblici dopo l’esplosione in aeroporto. Una mia amica non ha preso quella metropolitana solo perché ha visto i messaggi su Facebook, altrimenti sarebbe salita».

I siti d’informazione ieri fornivano aggiornamenti in tempo reale, con indicazioni pratiche su trasporti e scuole. Intanto, il bilancio delle vittime continuava, tragicamente, a salire.

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