Sedicimila lodigiani senza un lavoro

Cresce l’allarme per i senza lavoro nel Lodigiano. L’emergenza ha ormai raggiunto livelli record. Dall’inizio della crisi il numero dei disoccupati è raddoppiato. A partire dal 2008 l’impennata è stata pari a 8.656 unità. I dati sono stati resi noti dai centri per l’impiego della Provincia di Lodi. Alla fine del mese scorso le persone a caccia di un’occupazione erano 16.484 (con un incremento di 3.102 lavoratori rispetto ad agosto 2011). Il numero tiene conto anche degli iscritti alle liste di mobilità. Il balzo in avanti registrato è uno dei più elevati degli ultimi anni, a dimostrazione che questa è una delle fasi più difficili per la congiuntura economica.

Stando agli iscritti ai centri per l’impiego del territorio, l’andamento dei disoccupati è pari al 10,04 per cento (in relazione alla popolazione attiva), in crescendo rispetto al valore del 2011 quando era all’8,76 per cento (8,02 nel 2010). In un anno, tenendo conto di coloro che sono stati licenziati e dei giovani diplomati che sono a caccia di una sistemazione, la cifra è cresciuta del 23,18 per cento. L’anno scorso ad agosto l’aumento dei senza lavoro era stato del 7,24 per cento, l’anno prima del 14,11.

Solo nel 2009 il valore era stato superiore (39,69 per cento). Un’emorragia di posti nelle aziende del territorio che invoca misure per provare a dare una scossa. Il problema è che a soffrire sono molti comparti: dal commercio all’edilizia, dalla manifattura all’agroalimentare. E le nubi fosche riguardano tutto il quadro nazionale. Una situazione che per i sindacati è molto preoccupante. «Le condizioni sono a dir poco pesantissime – commenta Mario Uccellini della Cisl -. E non vedo segnali di ripresa all’orizzonte, nel breve e medio periodo. Così è a rischio la tenuta sociale. Bisogna provare a ripartire con interventi a favore dei giovani. La mia proposta è quella di provare a spartire il lavoro che già c’è, dove possibile naturalmente. Concretamente i lavoratori più anziani, ormai vicini alla pensione, potrebbero optare per un part-time e accedere già ad un parziale trattamento pensionistico. Questo consentirebbe di far entrare nel mercato del lavoro i più giovani». E Domenico Campagnoli della Cgil: «Purtroppo i dati preoccupanti sull’aumento della cassa integrazione straordinaria e in deroga hanno portato ad un incremento di coloro che hanno perso il lavoro e poi vanno conteggiati i nuovi giovani diplomati che non riescono ad inserirsi. Il problema è che nel territorio manca anche una regia per avviare un’inversione di tendenza. Non ci sono idee. Ci vorrebbe invece una sorta di “new deal” territoriale, un piano industriale per le aree dismesse o dei progetti di coordinamento per rilanciare il lavoro». Infine Santo Bolognesi della Uil ha invocato politiche per nuovi investimenti: «Ci vogliono delle politiche per rilanciare le opere e i consumi delle famiglie, che sono ormai a terra. In questi mesi nel territorio ci sono stati dei segnali positivi: si pensi all’ampliamento dello stabilimento Icr. Ma purtroppo non bastano. Anche gli enti locali devono fare la loro parte: chiedo meno fuochi d’artificio e più lavori pubblici».

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