Scuola, Lodi rallenta sulla riforma Valditara: al Vegio non si farà il liceo del made in Italy

Sul 6 in condotta professori divisi: «Un segnale da dare, ma per risolvere i problemi la logica sia culturale»

Nuove norme per la scuola, ma il Lodigiano, al momento, sta alla finestra. È congelato, infatti, a Lodi città, l’avvio del liceo del made in Italy, previsto dal ministro Giuseppe Valditara all’interno del liceo delle scienze umane, opzione economico sociale. Ed è congelata anche la riduzione dell’istituto tecnico da 5 a 4 anni. Divide, invece, il Lodigiano, la politica del 6 in condotta.

«Al Vegio - spiega la preside Katia Fiocchetta - al momento l’indirizzo de l Made in Italy non parte. Abbiamo già tanta carne al fuoco». Stessa dichiarazione dal vice preside dell’istituto Volta Giancarlo Silvestri, per guanto riguarda la riforma dei tecnici: «Non è ancora chiaro cosa comporti la trasformazione - commenta - . È ancora in commissione parlamentare, avventurarci in una sperimentazione così è un rischio. Già abbiamo problemi strutturali, se dovessimo aumentare le classi anche solo di due unità saremmo nei guai. Ci sono tutti i programmi da ridisegnare poi, per passare da 5 a 4 anni e il problema del personale». Il vice preside è d’accordo, invece, per rimandare chi ha 6 in condotta: «È un segnale - dice - che il comportamento è importante. Il problema disciplinare nelle scuole è sempre più evidente. I ragazzi arrivano alle superiori che non sono nemmeno scolarizzati». Contrario su questo aspetto è il professore di lettere del liceo Gandini Marcello Albini che è anche segretario generale della Flc Cgil scuola di Lodi. «Quella del 6 - dice - credo sia una soluzione che non risolve il problema; il 6 prevede che lo studente venga rimandato a settembre e debba affrontare un esame di educazione civica che non ha nulla a che fare con i problemi di natura disciplinare. La logica dell’aggravamento della sanzione per risolvere il problema non è una logica che possa avere un valore all’interno di un sistema educativo. Si riduce la questione a una dimensione di ordine pubblico, quando il problema è educativo e culturale. Forse sarebbe opportuno che si svolgesse una riflessione all’interno del mondo della scuola che coinvolga seriamente le comunità educanti per cercare di capire quali debbano essere le regole condivise all’interno degli istituti. Più che la durezza della sanzione deve esserci una gradualità e una certezza della sanzione quando è necessaria che venga applicata. La durezza in sè non ha mai impedito che venissero compiute delle infrazioni».

Il professore è scettico anche sul resto della riforma. «Va nella direzione sbagliata - dice -. In un momento in cui abbiamo bisogno di aumentare il tempo scuola si abbatte, colpendo le discipline generali che costituiscono il fattore decisivo per l’educazione di uno studente, ma anche perché rispondono a una logica che va nella direzione di subordinare la scuola al sistema produttivo, invece che considerarla lo strumento per la crescita della consapevolezza critica delle future generazioni. A maggior ragione se si tratta di istituti tecnici e professionali che richiedono uno sforzo ulteriore da parte di tutti quanti di tenere insieme l’apprendimento di discipline più specifiche con quelle che consentono di riorientarsi con razionalità e senso critico nel nostro mondo. Diversamente ritorniamo a quello che un tempo era l’avviamento professionale con tutti i rischi di biforcazione anche in senso classista tra chi ha la possibilità di fare un per corso liceale e universitario e chi viene indirizzato direttamente al mondo del lavoro».

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