«Santa Chiara ai lodigiani,

tutto passi alla Fondazione»

In questi giorni “Il Cittadino” ha pubblicato numerosi interventi sul futuro della Casa di riposo “Santa Chiara” di Lodi. Ospitiamo oggi uno scritto di Carlo Daccò, esponente del mondo cattolico lodigiano.

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Ho accettato di sottoscrivere l’appello affinché S.Chiara rimanga ai lodigiani perché ritengo che i gioielli di famiglia non vengano svenduti o affidati a sconosciuti. Non ho mai avuto alcun ruolo nell’amministrazione della casa di riposo, quindi non ho meriti da rivendicare; se mi espongo pubblicamente è solo perché il problema mi tocca come cittadino e mi esprimo perché, studiata la questione, sono convinto che il passaggio alla Fondazione sia la soluzione migliore in assoluto.

Sentendo che tra le regioni italiane soltanto due, almeno per ora, non sono sotto inchiesta per aver speso malamente valanghe di soldi pubblici alla faccia di chi paga le tasse, non suona nella mente della gente un campanello d’allarme? Non tanto un campanello, ma una sirena: si salvi chi può! Oppure siamo diventati tutti, d’improvviso, estimatori dei politici? Se l’antipolitica fosse scomparsa, sarei il primo a rallegrarmene. (Solo per decenza non descrivo dove sono andati a finire fiumi di euro: ormai sono notizie di patrimonio pubblico).

Anche se non è lecito generalizzare, non penso proprio che sia facile affidare le “cose nostre” in mano a gente “lontana” da noi, che non conosciamo, spedita dall’alto a gestire una realtà che non sente propria, a guidare un’istituzione secolare che è segno di una cultura della solidarietà tipica ed esclusiva dei lodigiani. Questi sarebbero, tra i tanti, alcuni pericoli di una gestione regionale.

Qualcuno obietterà che la Fondazione (di cui pochi conoscono lo statuto ed i suoi contenuti, comprese le assicurazioni sulla tutela dei diritti dei dipendenti!) è una realtà privata, e come tale soggetta alle regole di un mercato che ragiona soltanto in funzione della produttività e del reddito. Sia chiaro che per “privato” in questo caso non si deve intendere un’azienda “profit” che potrebbe sfruttare i dipendenti o aumentare le rette degli ospiti per guadagnare di più. Proprio su questa ambiguità si è cercato di conquistare la fiducia di coloro cui è stato chiesto di firmare a favore del passaggio alla regione.

E quanta gente dopo essere venuta a conoscenza della verità dei fatti, si è sentita tradita e si è pentita di aver apposto nome e cognome!

Anche per questo mi sento di invitare chi in fiducia, sia per questo problema, e sia per altri che eventualmente si presenteranno, a documentarsi bene prima di apporre firme. Ci si informi, anche se, per la verità, petizioni come queste, se vogliono avere valore, necessitano di un documento di riconoscimento e di una “convalida” da parte di persone autorizzate allo scopo.

Qualcun altro obietterà ancora che anche la Fondazione avrà nel suo consiglio di amministrazione persone scelte dal Consiglio Comunale, quindi dei politici, ma il Comune di Lodi è realtà pubblica. Tuttavia molto, ma molto diversa dalla Regione; noi ci fidiamo di più in persone che conoscono il valore sociale che ha avuto S.Chiara per i lodigiani. Ad amministratori scelti dal Comune possiamo, se non agiscono per il bene di S.Chiara, esprimere personalmente o pubblicamente le nostre critiche….e magari chiamarli al telefono o suonargli il citofono. Una cosa più in famiglia, insomma, e forse più proficua per gli ospiti e i loro famigliari: due realtà fondamentali per una buona gestione, ma a quanto pare due realtà poco o niente coinvolte come protagoniste nelle decisioni in gioco.

Sul risparmio del costo di gestione nel passaggio alla Fondazione, e quindi sulla la ricaduta riguardo le rette, si è già trattato, dati alla mano, su questo giornale e attraverso vari interventi.

Chi teme che la Fondazione possa chiudere, pensi solo al fatto che gli anziani sono in continuo aumento, e le liste di attesa per essere accolti a S.Chiara sono in continua crescita.

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