Rami trasformati in guardaroba per i jeans:

lungo l’Adda tracce di vita e cartoni di vino

n C’è chi ha deciso di trasformare i rami in un guardaroba riservato. Appesi qua e là ci sono magliette, pantaloni, indumenti intimi. Un jeans, invece, esce dalle foglie, nel bel mezzo di un sentiero che porta all’Adda e che quasi non si scorge più, sommerso dalla vegetazione. Sullo stesso tratto, zona Piarda Ferrari, a pochi passi da quella che era la casotta dei pescatori, ci sono cumuli di rifiuti sparsi un po’ ovunque. Scene di ordinario degrado quelle a cui si assiste percorrendo questo tratto di argine. Appoggiati a quello che ormai è solo il relitto di una vecchia barca, ci sono alcuni sacchi neri, bottiglie di plastica e di vetro. E che spesso quella zona diventi il ritrovo per una bevuta lo dicono le tante, troppe, bottiglie di birra vuote, alcune incastrate nel terreno, quasi ferite nell’argine del fiume. E passeggiare diventa quasi una gara di abilità, a schivare quel che resta tra il verde e la terra, dove è possibile anche trovare una bottiglia di vodka, scolata da chissà chi. Immergendosi ancora nel ventre del lungo Adda, le sorprese non finiscono. Tra i rifiuti di chi non ha rispetto del fiume si trovano anche cartoni di vino, una griglia arrugginita e lanciata nei cespugli, i resti di un passeggino per bambini, addirittura una costruzione in legno a tutela di un orto di cui ora ci sono solo i resti, con le piante rinsecchite e un innaffiatoio buttato senza rispetto in mezzo alla terra. C’è anche chi ci lascia i ricordi personali sull’Adda. Ben in vista, appoggiata sul tronco di un albero, c’è una foto di famiglia, con un angolo bruciacchiato che si è portato via il volto di qualcuno, forse eliminato in un gesto di rabbia. Proprio accanto all’ennesimo cartone di vino.

R.M.

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