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DOTTORESSA CONCETTINA VARANGO Il messaggio della direttrice del servizio dipendenze dell’Asst in concomitanza con il trasferimento a Pavia, suo luogo di residenza

Lodi

Da 27 anni, a Lodi, come direttrice del dipartimento dipendenze a fare quello che considera il lavoro più bello del mondo.

. Video di Cristina Vercellone"Servizio dipendenze e carcere, medici, scegliete questo lavoro"

La dottoressa Concettina Varango, classe 1963, si trasferisce a dirigere il servizio di Pavia che comprende anche le realtà di Vigevano e Voghera. Nonostante il lavoro di coordinamento la dottoressa, laureata in medicina, che ha iniziato la sua attività come medico di base, non ha mai voluto abbandonare l’assistenza dei pazienti sul campo.

Aveva vinto anche un concorso a Niguarda, come tossicologa del centro antiveleni, ma poi ha preferito restare a Lodi, il servizio dipendenze non è la stessa cosa: «La soddisfazione più grande è vedere un paziente che ce la fa». Droga, alcol, gioco, «uscirne si può - dice la dottoressa dall’alto della sua esperienza - basta volerlo e farsi aiutare. Molti, ancora a distanza di anni, ci contattano quando hanno dei problemi perché ci considerano il loro punto di riferimento». Sul telefono le arrivano i messaggi dei suoi pazienti: “Guardi dottoressa come sto ora, come mi sono sistemato”, la rendono partecipe della loro vita quotidiana rinnovata. Tra loro persone con lunghi periodi di carcerazione alle spalle sulle quali nessuno avrebbe mai scommesso, emarginati dalla famiglia e da tutti, eppure ce l’hanno fatta a trovarsi un lavoro e ridisegnarsi un futuro. «In questi anni - dice - il volto del servizio è cambiato; quando sono arrivata a Lodi, nel ’98, si riconosceva a colpo d’occhio per la strada un assuntore di eroina, adesso si è passati al policonsumo, i dipendenti si mimetizzano nella società, lavorano, hanno una famiglia, ma le conseguenze delle sostanze sono terribili».

Non sono mancati i momenti di difficoltà nel suo percorso. «Una volta - ricorda - sono stata picchiata da una paziente, ma è intervenuto un altro ammalato ad allontanarla. All’inizio della mia attività, avevo un po’ paura quando vedevo che il paziente cambiava umore, diventava aggressivo, si incupiva, cominciava ad alzare i toni, poi ho imparato a gestire questi momenti di tensione. Di fronte alle minacce se la persona vede che il medico ha paura è ancora più incentivato a scatenare un evento critico. Il Sert mi ha aiutata molto a gestire situazioni di questo tipo. Ricordo quando scrissero delle minacce sui muri della città contro di me, non ho mai fatto denuncia, conoscevo l’utente, era scompensato. Siamo riusciti a convincerlo a fare una terapia con l’aiuto dello psichiatra ed è tornato ad una situazione di equilibrio. Anche in quel caso non ho avuto paura».

L’auspicio della dottoressa è che altri colleghi, medici o educatori, scelgano di fare questo lavoro che lei non ha mai abbandonato nonostante diverse altre specializzazioni come quella in psicopatologia forense, psicologia giuridica, ipnosi e auricoloterapia che le hanno consentito di aprire presso l’Asst di Lodi il centro antifumo riconosciuto a livello nazionale: «Nessuno sa cosa si fa all’interno del servizio dipendenze - dice -, se qualcuno si affacciasse e si confrontasse con la nostra attività quotidiana capirebbe che non siamo solo somministratori di metadone o di farmaci, ma aiutiamo le persone a 360 gradi, anche nel reinserimento sociale. Bisogna avere la passione e la voglia di confrontarsi con pazienti molto problematici e complessi. Il medico del Serd deve saper anche fare diagnosi, essere un buon clinico». La dottoressa ringraziando tutti i colleghi e gli altri enti del territorio che hanno lavorato con lei vuole lanciare un messaggio ai giovani ribadendo quello che ha sempre detto: «L’utilizzo delle sostanze solo per dormire, ridere o sentirsi spensierati porta a situazioni che non si riescono a controllare - annota -. La libertà di saper dire di no a qualcosa è quello che ci fa crescere. La vita vale la pena affrontarla tutti i giorni, nella gioia e nel dolore».

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