
Province, i politici costano 2 euro l’anno
Foroni: «La soppressione è demagogica, ma occorre migliorare»
n Grandi imputate di costi e sperperi e (quasi) condannate alla scomparsa dal susseguirsi di manovre economiche degli ultimi mesi, le province hanno alzato la testa e, con l’aiuto di un accurato rapporto di cui si è occupata l’università Bocconi, hanno provato a dimostrare che, se i conti del nostro Stato sono in difficoltà, la colpa non è loro. Anzi.
Lo studio “Riassetto delle Province: risparmio o aggravio di costi?” redatto dall’ateneo milanese e presentato ieri mattina a Palazzo Isimbardi da Lanfranco Senn, il docente che se ne è occupato, dal presidente della provincia di Milano Guido Podestà e dal presidente dell’Unione province italiane Giuseppe Castiglione, ha fatto i conti in tasca alle istituzioni di “governo intermedio”. Le conclusioni mostrate sono state, per certi aspetti, inattese: le province pesano sulla “cosa pubblica” per il 6 per cento della spesa totale, i comuni per il 10 e le regioni per l’84. «La spesa complessiva delle province italiane, nel 2010 - rivela la ricerca - è stata pari a 11,5 miliardi di euro. Una cifra che divisa per ogni cittadino significa 193 euro a testa». Un costo relativamente limitato, dunque. Così come limitate sono le spese che fanno riferimento alla vituperata “casta”, ossia alla classe politica delle province: «Del totale di 11,5 miliardi di euro l’anno solo l’1,4 per cento - 122 milioni di euro, due euro medi pro-capite - riguarda i costi della politica: indennità, rimborsi o servizi elettorali. Il resto, 8,6 miliardi, sono le voci di spesa corrente e gli investimenti».
Dati che fanno sorridere il presidente della provincia di Lodi, Pietro Foroni, ma che non lo sorprendono: «Sapevo già che il costo dei nostri enti è minimo rispetto ad altre voci di spesa e soprattutto rispetto ai benefici e ai servizi portati. Se il costo della politica delle province, in tutta Italia è di 122 milioni di euro, è bene sapere che il solo Parlamento ne costa 100 ogni anno. La ragione per cui siamo i grandi imputati di questo periodo di crisi e sotto costante minaccia di essere tagliati è solo perché, pur svolgendo compiti di assoluta utilità, spesso compariamo meno e siamo meno visibili. Quella del taglio rimane un’operazione demagogica e sbagliata». Foroni tuttavia dice che lo status delle province non è intoccabile e che modifiche possono essere discusse e elaborate: «Sediamoci attorno a un tavolo, certo, ma per altri motivi. La mia idea è diametralmente opposta rispetto al taglio: i poteri delle province vanno ampliati, magari a discapito di quelli regionali, con le prime depositarie del potere esecutivo e le seconde di quello legislativo».
Luciana Grosso
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