Province critiche sulla soppressione

Tre presidenti di Provincia tagliati dalla riforma Monti, quelli di Lodi, Cremona e Mantova, una vice presidente salva, quella di Pavia e un rebus ancora tutto da risolvere. Spazio dibattiti gremito alla festa del Partito democratico, ieri sera, per l’incontro dedicato alle sfide future delle province lombarde, dopo la scure della spending review che ha fissato i due criteri dei 350mila abitanti e dell’estensione territoriale di 2500 chilometri quadrati per la sopravvivenza dell’ente provincia. Ospiti al Capanno, nell’incontro moderato dal direttore del quotidiano «Il Cittadino» Ferruccio Pallavera, c’erano il presidente della Provincia di Lodi Pietro Foroni, i colleghi che vivono la stessa sorte di soppressi dalla normativa, Massimiliano Salini di Cremona e Alessandro Petacci di Mantova (fuori dai parametri per poco più di 160 chilometri) e la vicepresidente della vicina Pavia, Milena D’Imperio. Al segretario del Partito democratico, Mauro Soldati, il compito di accogliere gli ospiti e fare il punto sulle sfide future. «Un anno fa eravamo già qui, in un dibattito simile, ancora scioccati dalle prime notizie sul futuro delle Province, senza le personalità qualificate che ci sono stasera, ma il pubblico non era neanche la metà - ha aperto il direttore Pallavera - e la sensazione che arrivava era che le persone che erano qui, parlavano per salvare il cadreghino. Oggi, anche chi era sollevato dalla soppressione, si chiede cosa sarà di questo territorio». E se la normativa prevede che la Provincia si muova come “pacchetto intero” verso nuovi territori, nel dibattito, oltre al risiko dei confini, con geometrie da ridisegnare sulla cartina, si è parlato anche, e soprattutto, di assenza di risparmi di spesa e di mancanza di chiarezza sulle competenze che resteranno all’ente provincia. Intanto da Pavia parla chiaro la vicepresidente Milena D’Imperio. «Nessuna istituzione basta a se stessa in un momento come questo - ha spiegato - ma non valuterei l’idea di accorpamento tra Lodi e Pavia per due ragioni, il nostro territorio molto vasto, con 190 comuni, e le esigenze dei territori limitrofi, con Lodi che potrebbe avere un valore aggiunto da altre Province». Non si appassiona al rebus dei confini, Massimiliano Salini, che nei mesi scorsi, prima che fossero chiariti i criteri numerici, aveva proposto una scissione tra il territorio cremasco e il Cremonese. «Non sono per niente ironico invece sul fronte delle competenze e delle risorse - ha spiegato Salini -: lo Stato ci lascia la competenza sulla viabilità e non ci dà la risorse per poi intervenire sulle strade. Così come ci tolgono, a quanto sembra, la visione sullo sviluppo sociale ed economico del nostro territorio togliendoci la delega al lavoro e alle attività produttive». Anche per Alessandro Pastacci, presidente della Provincia di Mantova, l’urgenza è la ridefinizione delle competenze e dei risparmi di spesa. «In questo caso il risparmio è zero, il rischio è quello di essere costretti ad intervenire di nuovo tra dieci anni - ha argomentato -: ci vorrebbe un riordino complessivo delle autonomie che negli ultimi dieci anni hanno sofferto più di tutti». A chiudere il giro di opinioni dei colleghi, Pietro Foroni, presidente della Provincia di Lodi che ha fatto il punto sui rischi che la mancanza di risorse potrebbe avere sui dipendenti, per la difficoltà di avere a pagare i dipendenti. «Anche a me il risiko dei confini non appassiona - ha chiuso -: non ci volevano i professori per fare questi tagli che incidono per il 68 per cento sugli enti locali». A intervenire a fine dibattito anche Giancarlo Cordoni, presidente dell’Acl, e Giuseppe Stoppini, responsabile della funzione pubblica dell Cgil.

Rossella Mungiello

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