Pronto soccorso e 118, medici in piazza

In Italia, servizi a rischio estinzione, manifestazione della Simeu a Roma: «Fateci fare i medici di emergenza urgenza, per il resto ci sono gli ambulatori»

Gli “eroi” del Covid a Roma, per manifestare. Chiedere più medici e infermieri, mettere al centro del dibattito le condizioni di lavoro del mondo dell’emergenza urgenza, spesso chiamato a occuparsi di questioni che con l’urgenza non hanno niente a che fare. Perché il sistema sanitario, nel suo insieme, non funziona come dovrebbe.

Oggi, 17 novembre, medici e infermieri hanno manifestato, in piazza Santi apostoli, a Roma.

«Smonto notte e parto», ha annunciato, nei giorni scorsi, il direttore del pronto soccorso di Lodi Stefano Paglia che, in concomitanza, partecipa anche all’accademia dei direttori.

A indire la manifestazione è stata la Simeu, la Società italiana di emergenza urgenza.

Ad aderire, anche se a distanza, proprio per ragioni di lavoro, anche la dottoressa Francesca Co, direttrice del servizio di Cremona, e Davide Eusebio, primario a Vizzolo, oltre a Stefano Perlini, primario del pronto soccorso del San Matteo e direttore della scuola di specialità dell’università di Pavia, in rete con il 118 e il pronto soccorso di Lodi (il dottor Paglia, infatti, è tutor della scuola di specializzazione).

I nostri servizi, scrive la Simeu nel manifesto, «sono a rischio estinzione: 4mila medici e 10mila infermieri in meno sono i numeri, rispetto alle necessità. Concorsi andarti deserti e abbandono dei professionisti sono all’ordine del giorno. Il 50 per cento delle borse di studio della specialità non è stato assegnato. Le condizioni di lavoro non consentono ai professionisti di avere necessari tempi di riposo e spazio per la formazione». Anche a Vizzolo, i bandi vanno deserti, ma annota Eusebio, «non è colpa nostra, è la situazione generale che è così».

A Cernusco e Melzo ci sono le cooperative. A Vizzolo, il medico di notte è solo uno, per averne 2 l’organico, attualmente di 10 persone, dovrebbe essere tra le 12 e le 15 unità.

Lodi, al momento, resiste alle cooperative, «ma è la situazione generale che è preoccupante - commenta Paglia -, frutto di anni di programmazione sbagliata. Questo lavoro, ora, è diventato poco attraente. Il nostro mestiere, per un medico, è il più bello che si possa fare. Sono le condizioni in cui viene fatto fare che lo rendono proibitivo. Abbiamo, in Italia, pronto soccorsi che hanno dovuto chiudere per la carenza del personale. Mi auguro che ci sia un intervento per migliorare la situazione».

A rincarare la dose il dottor Perlini. «I nostri servizi sono sotto pressione - commenta - gli accessi in pronto soccorso sono insostenibili, continuano ad aumentare. Il nostro è un ruolo cardine, siamo la porta di accesso all’ospedale. Dobbiamo essere messi nelle condizioni di poterci prendere cura dei pazienti. Se il pronto soccorso si ritrova a rispondere a bisogni che andrebbero soddisfatti sul territorio, negli ambulatori, dai medici di base o di continuità assistenziale, è un problema. Se in pandemia il sistema ha retto è anche grazie al nostro lavoro. Per chi ha il mal di denti o il mal di gola il pronto soccorso non è il posto giusto. La scuola di specialità sta lavorando per formare specialisti sempre più adeguati, ma adeguati a occuparsi di emergenza urgenza, non delle problematiche che dovrebbero trovare una risposta altrove».

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