«Progetti educativi contro la violenza sulle donne»

Il messaggio di Maria Rita Nanni (Provincia)

«Spesso si dimentica che la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, promulgata da una risoluzione delle Nazioni Unite nel 1999, è legata al ricordo del tragico evento che colpì e stroncò la vita delle sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal per mano del dittatore della Repubblica Domenicana Trujillo».

Così inizia il messaggio di Maria Rita Nanni, Segretario Generale e Dirigente delle Pari Opportunità della Provincia di Lodi , in occasione del 25 Novembre.

«L’efferato triplice omicidio avvenne esattamente e solo 60 anni fa, il 25 novembre del 1960. Tuttavia, per il rapido cambiamento culturale , sono bastati poco più di vent’anni affinchè la risoluzione ONU iniziale, che recitava “qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata”, venisse estesa a tutte le forme di violenza e di abusi contro le minoranze sessuali, tanto da far procedere alla istituzione da parte dei governi di uffici deputati alle pari opportunità . Sconvolge che solo sessant’anni fa fu una reazione politica a scatenare la furia omicida contro le attiviste politiche caraibiche, oggi la maggior parte della violenza sulle donne è perpetrata, per involuzioni sociali, spesso dovute a fallimenti nell’integrazione di diversi costumi, a ritardi nella crescita di sani e valoriali rapporti all’interno delle famiglie e procurata da mariti, padri, compagni, fratelli. Un fenomeno questo che ha radici profonde, difficili da estirpare, anche nei paesi culturalmente più evoluti. Non vi è, infatti, un sol giorno che un evento di violenza non traguardi la tranquilla quotidianità delle nostre case, attraverso la cronaca di telegiornali o quotidiani che raccontano ancora di delitti perpetrati ai danni di donne, non importa se mogli, sorelle, fidanzate, compagne, le cui motivazioni hanno spesso ragioni apparentemente futili ma profondamente radicate in una forma di inciviltà che lega come un cordone ombelicale l’uomo alla forza allontanandolo dall’evoluzione e dall’accettazione di un inesorabile percorso civile di cambiamento in cui le donne non solo hanno saputo emanciparsi da una dipendenza sociale, lavorativa, economica, ma ridisegnare anche il proprio ruolo nel mondo. Soprattutto, sono uomini questi che non hanno saputo né voluto riconoscere che quest’emancipazione è passata attraverso l’appropriazione di uno spazio vitale insondabile rispetto ai valori medesimi che l’essere donna porta in sé, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Su tale confine etico e morale, ritengo, come dirigente delle pari opportunità della Provincia di Lodi, si debba agire attuando progetti educativi e formativi che coinvolgano, uomini e donne, giovani e giovanissimi, in un reciproco e dialettico confronto che superi logori luoghi comuni e che allo stesso tempo sia capace di tendersi verso l’identico sentire dell’altro».

La conclusione: «Non voglio dare i numeri spaventosi della violenza sulle donne, voglio porre invece l’accento sul futuro, sul positivo impegno di tutti a riflettere per fornire ognuno il proprio contributo al passaggio verso l’accettazione completa e consapevole di quel comune sentire, che deve inevitabilmente partire dalla educazione civica e civile delle nuove generazioni».

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