PRIMO MAGGIO - Senza il lavoro l’uomo perde la dignità

L’editoriale del direttore de «il Cittadino» Lorenzo Rinaldi

È la figura di San Giuseppe, falegname in Palestina, a ispirare la riflessione sul valore del lavoro in occasione di un Primo Maggio carico di preoccupazione, caratterizzato dalla coda della pandemia (e dalle conseguenze sociali di questi due anni) e dai venti di guerra che soffiano da Est. Un mestiere duro, quello del falegname, ieri come oggi. Un lavoro che, come ricorda Papa Francesco, «non assicurava grandi guadagni» ma garantiva «dignità». E proprio dal concetto di «dignità» muove l’appello del Pontefice, affinché la Chiesa e l’uomo possano operare per «recuperare il valore del lavoro» e perché questo «sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona».

La «dignità» da assicurare all’uomo, attraverso il lavoro, è al centro anche del messaggio dei Vescovi italiani diffuso in occasione della della Festa dei Lavoratori. La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, invoca «un’assunzione di responsabilità collettiva» per «attuare quel cambiamento capace di riportare al centro del lavoro la persona, in ogni contesto produttivo».I Vescovi ricordano i 1221 morti sul lavoro nel 2021 e denunciano che «le conseguenze della crisi economica gravano sulle spalle dei giovani, delle donne, dei disoccupati, dei precari, in un contesto in cui alle difficoltà strutturali si aggiunge un peggioramento della qualità del lavoro. La Chiesa che è in Italia non può distogliere lo sguardo dai contesti di elevato rischio per la salute e per la stessa vita ai quali sono esposti tanti lavoratori. I tanti, troppi, morti sul lavoro ce lo ricordano ogni giorno. È in discussione il valore dell’umano, l’unico capitale che sia vera ricchezza”.

Il lavoro alla base della dignità e mai anteposto all’interesse economico. Concetti oggi messi a rischio e che occorre difendere perché, come scrivono i Vescovi, «la nostra coscienza è interpellata da quanti sono impegnati in lavori irregolari o svolti in condizioni non dignitose, a causa di sfruttamento, discriminazioni, caporalato, mancati diritti, ineguaglianze. Il grido di questi nuovi poveri - denuncia la Conferenza episcopale italiana - sale da un ampio scenario di umanità dove sussiste una violenza di natura economica, psicologica e fisica in cui le vittime sono soprattutto gli immigrati, lavoratori invisibili e privi di tutele, e le donne, ostaggi di un sistema che disincentiva la maternità e punisce la gravidanza col licenziamento».

Il rischio concreto è che tra gli effetti della pandemia ci possa essere una contrazione dei diritti dei lavoratori, soprattutto di quelli meno tutelati e potenzialmente esposti alla logica imperante del profitto. Difendere i lavoratori oggi significa - dunque - rivendicare innanzitutto la loro dignità e ricordare, in ogni ambito, che dietro un lavoratore ci sono uomini e donne, che hanno diritto a un salario adeguato e a condizioni di lavoro sicure.

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