
Un’altra estate rovente, e la temperatura c’entra solo fino a un certo punto. Perché se da una parte i lavoratori delle Poste si lamentano del fatto che in alcuni uffici l’aria condizionata sia un miracolo («il condizionatore è rotto e ci dicono che non ci sono i soldi per ripararlo»), dall’altra sanno che dovranno affrontare il taglio dei servizi tra luglio e agosto. Il che significa fare i conti con chiusure pomeridiane o aperture a giorni alterni.
Un piano che Cisl e Cgil si sono ritrovate tra le mani in questi giorni: la Cisl ha denunciato i problemi in una conferenza stampa, mentre la Cgil è intervenuta aspramente per criticare la “riorganizzazione”.
«Già l’anno scorso abbiamo avuto dei grossi casini - afferma Giovanni Martorana, segretario della Slp Cisl -, questa volta non sarà diverso, il personale finirà nel marasma più completo, con una sola persona che a seconda dei giorni dovrà aprire più uffici. La cosa drammatica è che il recapito va malissimo, anche perché i nuovi vertici non sono capaci di gestire la situazione. Molta corrispondenza è in giacenza, un problema che aumenterà durante il periodo estivo».
L’ultima segnalazione in ordine di tempo arriva da Cavenago, dove le raccomandate mancano all’appello da settimane perchè il portalettere è in malattia.
«Come tutti gli anni si assiste alla riduzione del servizio - afferma Benedetto Matteucci, segretario della Slc Cgil -, un’organizzazione che ci lascia perplessi perché per esempio non ci sarà nemmeno un ufficio aperto nel pomeriggio da San Rocco a Comazzo. È vero che l’estate è considerata come un periodo in cui si riduce l’attività, però ogni volta cresce il numero degli uffici che limitano il servizio, senza contare che avremo dei problemi con il recapito. A livello nazionale - aggiunge Matteucci - si discute un piano di organizzazione del recapito e della logistica, con esuberi di 13mila unità. Noi abbiamo rifiutato questa proposta e rigettiamo una discussione a “spizzichi e bocconi”, senza un piano generale di sviluppo».
La “nota dolente” sembrerebbe essere proprio la consegna della posta, i portalettere sostengono che ci sono due zone scoperte in tutta la provincia e tre nella sola città di Lodi: «Quello che ci teniamo a precisare - affermano i postini in casa Cisl - è che noi ci facciamo davvero “il mazzo”, perché a questa azienda ci teniamo e non vogliamo di certo farla sprofondare per colpa dell’incapacità di alcuni». Martorana sottolinea che i dipendenti si ritrovano anche a superare il tetto massimo delle 9 ore al giorno.
Il sindacato critica la decisione di Poste Italiane, presa nei mesi scorsi, di inviare nel Lodigiano solamente due portalettere in più, quando in provincia di Pavia ne sono arrivati 40, a Milano 30, a Cremona 13.
«Aleggia un certo pessimismo tra noi - conclude Martorana - vorremmo capire che cosa ha intenzione di fare l’azienda. In ogni caso non resteremo a guardare, anzi, stiamo già pensando a quali forme di protesta attuare».
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