«Pacato, silenzioso, con il breviario in mano»

LODI Celebrati questa mattina, dal vescovo Maurizio, a Robadello, i funerali di don Marco Avogadri

Lodi

«Don Marco ha vissuto con fedeltà 67 anni di sacerdozio. Quando gli facevo visita alla Rsa Santa Francesca Cabrini a Sant’Angelo lo trovavo pacato, silenzioso, con il breviario in mano. Venerdì 8 agosto, il giorno in cui poi è spirato, insieme al vicario generale gli abbiamo dato la benedizione. Per lui abbiamo pregato insieme ai sacerdoti ospiti della Fondazione Cabrini».

È stato il vescovo di Lodi monsignor Maurizio Malvestiti a celebrare questa mattina, alla chiesa del Sacro Cuore a Robadello, parrocchia di San Fereolo, i funerali di don Marco Avogadri. 92 anni, nato a Parre (Bergamo) e sacerdote della diocesi di Lodi. Aveva chiesto lo stesso don Marco di essere salutato al Sacro Cuore, dove aveva collaborato per dieci anni e dove aveva vissuto, accanto alla chiesa. E nonostante il gran caldo di oggi, in molti sono arrivati anche da Secugnago (dove è stato parroco per 19 anni) e dalle altre parrocchie dove ha prestato servizio, per salutarlo prima della sua sepoltura al cimitero Maggiore.

Al Sacro Cuore, nella cappellina dove tante volte aveva confessato, era stata anche allestita la camera ardente.

«Don Marco è tornato a casa, nella sua e nostra chiesa – ha detto il parroco don Elia Croce -. L’aveva lasciata, non senza sofferenza, nel 2019, per le condizioni di salute che non gli permettevano più di stare da solo. Questa chiesa l’ha letteralmente abitata, vissuta, amata con la sua preghiera. Nel suo testamento ha espresso il desiderio di tornare qui e siamo lieti di poterlo qui salutare. Appassionato, mai rassegnato e al tempo stesso una persona umile, discreta, riservata – lo ha ricordato il parroco don Elia -. Dava quotidiana disponibilità per le confessioni, dedicava molto tempo all’ascolto, al mattino alle 7.30 era già in chiesa a San Fereolo, poi alle 16 nella cappellina del Sacro Cuore pronto per la Messa che celebrava alle 17. Nel suo testamento, essenziale come fu la sua esistenza terrena, esordisce con il grazie al Signore per il sacerdozio. E ora oggi siamo noi a dire grazie a don Marco, un pastore che ha fatto della sua esistenza un dono. Grazie per quello che sei stato, che ci hai donato, grazie per quei grazie che non ti sono stati detti e che non hai nemmeno cercato, ma se possibile oggi te li diciamo noi».

L’approfondimento di Raffaella Maria Bianchi sarà in edicola sul «Cittadino» di domani 12 agosto 2025

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