
Se n’è andato a 82 anni, dopo un anno e mezzo di malattia. Lui, Walter Burinato, l’uomo della legalità e dell’etica nello sport. Un signore d’altri tempi. Da anni appassionato collaboratore del «Cittadino», nelle pagine sportive, ma anche sapiente ritrattista di personaggi del territorio. Era arrivato nella nostra redazione negli anni ’50, dopo aver diretto “Lo sportivo lodigiano”.
La sua firma, Walbur, mancherà a molti. Sigaretta in bocca, cappello e quella sua voce roca. Lento, calmo, ponderato e riflessivo. Il professore. Per lui lo sport era quella «favola ancora in grado di offrire colori e sentimenti del vivere». E questo insegnava anche ai suoi alunni, nelle ore di ginnastica a scuola. Tutti dovevano indossare la tuta blu e ovviamente, rispettare le regole e rispettarsi tra loro. Ha chiuso gli occhi mercoledì sera, il professore, intorno alle 22.30, nel suo letto del reparto di cardiologia. Fino a martedì aveva mantenuto la sua lucidità mentale, nonostante il fisico mostrasse segni di debolezza. Poi martedì, i dolori erano diventati troppo forti e i medici avevano dovuto sedarlo. «Nostro papà - raccontano i figli Mariagrazia e Antonio - è arrivato a 80 anni senza mai fare un esame del sangue». Martedì il medico che gli ha controllato il cuore e ha contato 140 battiti al minuto: Burinato era un uomo dalla fibra forte, che è stato schiacciato dalle complicanze della malattia. Prima l’intervento per il tumore, poi l’infarto e l’angioplastica, un’infezione e poi ancora il ripresentarsi di quel maledetto cancro. Burinato non ce l’ha fatta. Nato il 29 agosto del 1933, a Milano, perché il padre aveva avuto un incarico di bibliotecario al castello Sforzesco, era tornato presto in Veneto, regione natale di entrambi i genitori, tra Verona e Vicenza. Dopo il diploma in ragioneria si era trasferito, con la famiglia a Lodi, negli anni ’50.
Suo papà aveva messo in piedi un’impresa di costruzioni e i due figli gli davano una mano. Solo dopo il matrimonio con la moglie Tina si era iscritto all’Isef a Milano ed era diventato insegnante di ginnastica. Il Bassi, la scuola media del Ponte e l’Ada Negri, dove Burinato aveva fatto anche il preside, erano state le sue scuole. In palestra sapeva mischiare gli esercizi fisici, quelli duri, con la pallacanestro e la pallavolo. Sapeva capire le esigenze dei suoi alunni. E dietro la sua apparenza severità si nascondeva un cuore grande. «Dai, che ce la fai. Non buttarti giù», diceva ai suoi alunni.
La scuola per lui era un impegno importante e ci teneva che anche i suoi due figli Antonio e Mariagrazia e i suoi 4 nipoti poi, Riccardo, Federica, Francesca e Chiara, studiassero con serietà. Aveva un quaderno dove annotava tutti i voti dei “suoi” 4 bambini. Il ruolo di Burinato in campo sportivo era stato fondamentale: aveva fondato la società del Selvagreca, nel ’77, educando al calcio intere generazioni di bambini e battezzato la nascita degli Old Rags, storica società del baseball locale. Dove c’era lo sport c’era Burinato, come cronista e come promotore. Il suo nome è legato a doppio filo con la boxe e la Grignani, con il Fanfulla, il Panathlon e il mondo delle due ruote. Era uno dei pochi che ancora credevano che il ciclismo fosse uno sport pulito. L’ultimo saluto a Walbur, ora a disposizione di parenti e amici nella camera mortuaria dell’ospedale di Lodi, sarà oggi pomeriggio, alle 14, nella chiesa di San Rocco, in Borgo. La salma poi sarà sepolta nel cimitero di San Bernardo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA