«Non infiltrazioni, articolazioni mafiose»

Il giudice Prestipino spiega ai politici il “sistema ‘ndrangheta”

In Lombardia sono venticinque le unità di base; in Piemonte sono sei. Ma non si tratta, “banalmente”, del braccio armato di un sistema. Sono veri e propri centri di potere con capi che si incontrano. Come hanno fatto il 31 ottobre 2009 a Paderno Dugnano, nel centro anziani dedicato, che beffa, ai giudici Falcone e Borsellino. «Non siamo più di fronte all’infiltrazione. In un territorio prospero e ricco come questo, ci sono articolazioni dell’ndrangheta uguali a quelle che ci sono a Reggio Calabria. È una vera e propria clonazione delle proprie cellule criminali».

Limpida, votata ai fatti («perché io sono abituato a lavorare con quelli»), non priva di speranza; è stata una lezione appassionata quella del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Michele Prestipino, ospite ieri pomeriggio della commissione speciale ricognitiva, creata dal consiglio provinciale per fare luce sul problema delle infiltrazioni mafiose. Un vademecum prezioso, per tutti i numerosi sindaci presenti, su quello che significa oggi avere a che fare con le mafie e con la ‘ndrangheta in particolare. Un “sistema” che non porta al nord solo i propri soldi, da reinvestire nel tessuto economico, ma che si moltiplica in articolazioni stabili, con gli stessi fenomeni di controllo economico e sociale.

«Dobbiamo uscire tutti da una pia illusione – ha detto il magistrato, da 15 anni specializzato nella lotta contro la criminalità, parte del pool che firmò l’arresto del “capo dei capi” Bernardo Provenzano – ovvero che fuori dalla Calabria possa arrivare qualcuno con una valigetta piena di soldi per proporsi come socio in affari, senza che arrivi anche la mafia». Ed è questo lo snodo centrale della colonizzazione: la capacità della mafia di essere «il punto terminale di un sistema di relazioni con pezzi di società che non sono mafiosi e non vogliono esserlo – ha spiegato Prestipino - , ma che da questo accordo traggono situazioni di vantaggio illecito e illegale». E a dire che questa capacità di attrazione ci sia in Calabria come a Milano, sono anche le operazioni della Dda di Reggio e Milano, insieme a quella di Torino che, dall’estate 2010 ad oggi, hanno portato in carcare 500 ‘ndranghesti di buon livello oltre ad una serie di personaggi che mafiosi non sono, in primis politici. Come è successo anche a Trezzano sul Navigli nel febbraio 2010, «in cui tra i reati contestati c’è anche la corruzione – ha ricordato - : chi è estraneo può minacciare, ma chi può sedersi al tavolo con funzionari e politici se non chi ha già un’assidua frequentazione?». Ma come fa la mafia ad avvicinare le istituzioni? Qual è l’anello debole? L’impresa che,in Sicilia come in Lombardia, spesso paga il pizzo, «atto vessatorio solo in parte – ha ricordato Prestipino - : spesso è un’opportunità per avere vantaggi e sono gli imprenditori a cercare chi pagare, magari pensando che sia un costo d’impresa da ammortizzare». Rompere il sistema? «Si può – ha spiegato il procuratore - , ma serve l’azione di tutti. Ci vogliono camere di compensazione per gli imprenditori, dove possano confrontarsi; una rete di protezione contro le richieste di pizzo, ma anche un’amministrazione pubblica che funzioni. Perché dalla mafia, il cittadino cerca quello che dallo Stato non ha». Un punto a favore di questa lotta c’è ed è la consapevolezza che il fenomeno esista e sia pericoloso. «Questo è un momento molto importante per Lodi - ha detto il prefetto di Lodi, Peg Strano Materia - : siamo tutti consapevoli che la mafia si combatte insieme e si combatte solo impedendo il crescere della cultura mafiosa e della violenza». Il prefetto ha poi toccato una delle vicende che più hanno scosso il settore dei rifiuti della provincia. «In questo territorio, che io credo ancora sano, siamo riusciti a disturbare una grossa organizzazione come, chiamiamola per nome, Italia 90 - ha ricordato - : un’indagine che è partita da una segnalazione della prefettura di Lodi quando l’appalto sembrava a tutti pulito. Siamo stati noi a mettere sull’avviso i sindaci, poi se n’è occupata la Dia. Possiamo dire che Italia 90 è stata sconfitta dalla piccola grande Lodi».

Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Michele Prestipino, ha tenuto a battesimo la commissione speciale ricognitiva, creata dal consiglio provinciale per fare luce sul problema della presenza mafiosa nel Lodigiano

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