Nel Lodigiano mafie “invisibili”

Dopo gli otto arresti di martedì, di cui uno a Tavazzano, e i due denunciati a Lodi, in tribunale

si riflette su un fenomeno che appare “sotto traccia”

«Sono stato informato degli esiti dell'inchiesta della Dda di Milano, e prendo atto che riguarda molti fatti precedenti al mio arrivo a Lodi. Non conosco i contenuti di quell'indagine, come è giusto che sia dato che è ancora in corso ed è condotta da un altro organo, ma inevitabilmente evidenzia che il fenomeno nel Lodigiano c’è»: è una prima riflessione del procuratore Vincenzo Russo in merito all’operazione “Esperanza” della Dda di Milano, con 8 arresti in Lombardia e una raffica di perquisizioni soprattutto nel Sudmilano. Con un commerciante siciliano da diversi anni radicato a Lodi che risulta indagato a piede libero per associazione per delinquere. Sembra che la Dda gli abbia dedicato molte pagine nell’ordinanza che ha mandato altri in carcere. Gli inquirenti stanno ora vagliando le sue disponibilità economiche.

C’è una lunga serie di reati che automaticamente vengono trasferiti alla competenza delle direzioni distrettuali antimafia, e non si tratta solo dei reati di violenza commessi da crimine organizzato ma, per esempio, anche delle ipotesi associative per reati ambientali, e ci sono, inoltre, altri fatti, come era stato in passato per la serie di incendi a impianti di trattamento rifiuti nel Lodigiano, per i quali invece sono le Dda ad avocare a sé le indagini ipotizzando che abbiano una matrice “mafiosa”.

La magistratura però sa bene che ci sono anche i “reati spia”, quelli che rilevano a fini statistici come indice di una possibile presenza del crimine organizzato in un territorio: «Parliamo di danneggiamenti, di incendi dolosi: qualche reato di questo tipo c’è anche nel Lodigiano - osserva il procuratore Russo, che per otto anni è stato in prima linea alla guida della procura di Foggia - ma prendo atto che sono pochi. Non costituiscono quindi per Lodigiano e Sudmilano una “spia” significativa». Dalle cronache si ha però il sentore che incendi seriali vengano subito definiti accidentali e non si può escludere che ci siano episodi che le vittime non denunciano.

L’operazione “Esperanza” descrive una mafia che fa paura ma non spara, piuttosto fa impresa, magari con fatture false piuttosto che destinando clandestini alle coop che forniscono manodopera anche nei poli logistici. Un settore per il quale più volte i sindacati di base richiamano l’attenzione su pagamenti in contanti e sfruttamenti.

Una mafia dei colletti bianchi, verrebbe da dire, che muove denaro e che si avvale di collaborazioni e connivenze più o meno complici, nei confronti della quale evidentemente il tessuto imprenditoriale e anche la politica, al di là dei tanti proclami, non hanno sufficienti anticorpi.

Dopo gli otto arresti di martedì, di cui uno a Tavazzano, e i due denunciati a Lodi, in tribunale si riflette su un fenomeno che appare “sotto traccia

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